
EDITORIALE – SULLA PUNTA DELLA LINGUA
A chi non è capitato di non riuscire a ricordare un termine, una parola che conosce benissimo ma che in quel momento proprio non viene, una piccola dimenticanza, un temporaneo blackout, un breve vuoto di memoria che non ci dà pace, finché magari in modo estemporaneo, ci salta fuori dopo qualche ora, quando ormai non ci serve più: quello per cui diciamo “ce l’ho sulla punta della lingua…”?
Il fenomeno è così frequente che non solo ha meritato studi approfonditi, negli ultimi decenni, ma ha anche un nome ed una sigla: TOT (Tip of the tongue). Gli studiosi si sono preoccupati di indagarne le cause, formulando varie teorie: l’informazione è presente nella mente, ma in qualche modo è divenuta inaccessibile.
Dalle ricerche si scopre che non ricordiamo per inferenza errata, perché altre parole ci confondono, o per scarso ed occasionale uso, da cui deriva la difficoltà di attivazione. Per contrastare questa spiacevole situazione è necessario un aiuto esterno, perché altrimenti il soggetto si avvita su se stesso, continuando a mancare l’obiettivo e allontanandosi sempre di più dall’informazione che invano va cercando di riportare in superficie.
Ora immaginiamo che le parole, che scivolano via e fatichiamo a recuperare, non siano termini complessi o occasionali e un po’ astrusi, o il cognome di quella nostra vicina di casa, quella che protesta sempre (per la quale forse è ragionevole l’oblio!), ma siano le parole costitutive e più significative della nostra vita o quelle che custodiscono la persona e i suoi valori fondanti: la fede, la speranza e il cuore dell’annuncio cristiano.
Il TOT sembra la metafora dei nostri tempi, in cui sembrano dissolversi progressivamente le parole essenziali, non sopraggiungono più e fatichiamo a riportarle alla luce della mente e della consapevolezza, perché confusi da altre parole e messaggi o perché, non utilizzandole più, sono inaspettatamente slittate in secondo, terzo piano, difficili da recuperare. Sono le parole che oggi anche i cristiani hanno lì… sulla punta della lingua.
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Illuminante è anche l’etimologia del termine memoria, dal greco (mnème) e dal latino (memini), che certamente si rifà alla facoltà di ricordare, ma ha in sé anche il senso di un fatto, un avvenimento, è legato al verbo maneo, rimanere, dove risuona il senso più antico di questa radice indoeuropea di “men”, la forza vitale che persiste.
Quindi la memoria “per–man–e” e “ri–man–e”, “man–tiene”, ma anche “ri–man–da” ad altro. Vi si trova sia l’idea di custodia che quella di un legame che allude, collega e significa. E il termine ricordare ci suggerisce anche che la consistenza dell’individuo passa attraverso la capacità di riportare alla mente, al cuore, come centro della persona. La categoria della memoria è una delle intelaiature del soggetto, la trama nascosta, in cui consiste la coscienza individuale: siamo lo stratificarsi delle esperienze, degli incontri, delle parole e dei vissuti, delle ferite e dei ricordi, con cui la nostra soggettività si impatta, percepisce e giudica la realtà dell’istante presente e del futuro. La memoria della nostra personale storia ed esperienza ci rende presenti a noi stessi, ci consente di vivere desti nel presente; lo comprende in modo immediato chi vive la dolorosa esperienza di un familiare affetto da sindrome degenerativa.
Abbiamo tanti modi per trattenere la memoria, restandovi aggrappati, attraverso lettere, immagini, oggetti, a cui leghiamo istanti, relazioni e persone che hanno inciso sulla nostra vita, grazie a foto che fissano fatti intensi e veri, che hanno segnato le tappe della nostra età e che desideriamo non smarrire. Ma sempre più frequentemente e quasi meccanicamente affidiamo la nostra memoria alla tecnologia, che ostenta la sua potente capacità di conservare tutto, ma che cela sullo sfondo il rischio di dissolverci in un oceano di oblio, fatto di dati e di statistiche.
Riflettere sulla memoria, come in questo numero proponiamo, significa interrogarsi sulla natura dell’identità, sulla possibilità dell’educazione e del vivere senza censure la propria storia ed il proprio tempo, sulla prospettiva di pacificazione e perdono con sé e con gli altri.
La memoria per il cristiano non è un foglio accartocciato da riaprire, cercando di stendere le pieghe del tempo, né un lontano sentore dai contorni smussati o un ricordo remoto da cercar di rianimare e che indugia “sulla punta della lingua”, ma è un fatto sperimentabile, che si rende presente, continuamente, nella storia sotto forma di un semplice inesauribile dono, una realtà di carne e di sangue, una sostanza viva ed attuale… quotidiana come il pane e lieta come un po’ di vino.
SOMMARIO
MEMORIA E SPERANZA P. A. M. Sicari ocd
TEMA: LA MEMORIA
LA MEMORIA DELL’ORIGINE A. Bellingreri
RICORDARE… PERDONARE Dott.ssa M. Ceriotti Migliarese
LACUNA, INC. L’AZIENDA CHE CANCELLA I RICORDI A. Musio
E TU CHI SEI? CERVELLO, MEMORIA E MALATTIA DI ALZHEIMER. Intervista al Dott. R. Rozzini a cura di M. Polito e L. Sighel
MEMORIA, POESIA E FUTURO L. Sighel
ATTUALITÀ
FIGLIO DELLA CHIESA. Incontro ed intervista con Vittorio Messori a cura di P. F. Silvestri ocd
SIRIA, DOVE L’OCCIDENTE HA FALLITO M. Gelmini
IL CASO ALFIE EVANS E LA CURA DELLA VITA G. Tomasoni
LA SANTITÀ CARMELITANA NELL’ESORTAZIONE APOSTOLICA DI PAPA FRANCESCO, GAUDETE ET EXSULTATE M. Nasca
PAROLA DI DIO
CARITÀ
GLI ALZHEIMER CAFFÈ. UNA RISORSA DI SUCCESSO PER L’ASSISTENZA AI MALATI R. Ribbene
MUSICA
BRUCE SPRINGSTEEN. LA REALTÀ DEL PECCATO OVVERO IL SEGNO DI FLANNERY O’CONNOR A. Bonera
ARTE
CINEMA
L’INSULTO S.Giorgi
PUNTO MISSIONE
DAL BURUNDI A ROMA
VITA DEL MOVIMENTO
IL CUORE DEL MONDO
PALERMO – ESERCIZI SPIRITUALI
LIBANO
ULTIMA PAGINA L. Tomasini