
EDITORIALE – “TENER ALTA LA TESTA” (D. Bonhoeffer)
Che cosa intendiamo quando usiamo la parola futuro? Sin dall’antichità gli uomini hanno cercato di conoscere il futuro, tentando di predirlo, anticiparlo forse nella speranza di attutirne le avversità o prepararsi alla sua sventura.
L’astrologia e la cleromanzia (la predizione attraverso oggetti) e la mantica (la lettura dei segni della natura) nascono nelle epoche più antiche con l’intenzione di indagare il volere degli dei, per ottenere risposte alle vicende e agli accadimenti della vita umana personale e collettiva. Queste pratiche venivano perciò affidate ai sacerdoti e spesso propiziate da sacrifici ed offerte alla divinità.
Nel mondo greco-latino, con l’oracolo di Delfi e la Sibilla cumana, il responso era offerto al fedele attraverso la voce del sacerdote, direttamente ispirato dal divino, ma divenne più oscuro, difficile da interpretare e spesso fonte di gravi fraintendimenti. È stata la cultura cristiana che ha ridotto il ricorso alla divinazione, fondandosi sull’incontro e sulla presenza del divino nel presente e sulla sua promessa escatologica di salvezza attraverso l’idea di un giudizio, che avrebbe dato compimento ai tempi a partire da un compimento già in atto.
Nella nostra contraddittoria società contemporanea da un lato sentiamo una spinta potente e crescente al futuribile, legato alla tecnologia, alle frontiere della virtualità, della biotecnologia e della sperimentazione ed ingegneria robotica, ma d’altro canto sembra incrementarsi la ricerca di mezzi più o meno “magici” per prevedere il prossimo futuro, ci si affida sempre di più a maghi, sensitivi, astrologi.
E siccome in Italia non ci crede nessuno, ma uno su due si connette ad un sito con previsioni astrologiche, Mondadori ha comprato lo scorso anno il sito oroscopo.it, non volendo rinunciare a 3 milioni di sessioni mensili e di contatti pubblicitari; d’altronde come privarsi dal verificare se domani vi saranno opportunità amorose o lavorative per i Gemelli o se il fatto di essere nato nel luminoso maggio anziché nel grigio novembre non possa favorirmi nella prossima settimana? Nel nostro Paese la speranza di pronosticare amore, soldi, lavoro, salute e fortuna funziona, ed il facile accesso via smartphone ne amplifica e ne fa proliferare la diffusione e l’uso per la gioia di ciarlatani e spacciatori di futuri certi… o quasi. E forse queste abitudini ci strappano un distaccato sorriso, anche se rivelano, oltre a una sottesa forma di neopaganesimo, due aspetti forse non trascurabili: mettono in risalto il graduale amplificarsi di una diffusa fragilità ideale e psicologica alla ricerca di stabilità, che ogni giorno tocchiamo con mano in diversi contesti, e rendono palese lo strutturale bisogno di certezza e l’insopprimibile ricerca di senso, che, seppur parzialmente, colmi la voragine del desiderio costitutivo di ogni persona, immersa e dispersa nelle illusorie garanzie tecnologiche.
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Previsione, presagio, predizione sono termini che nascondono e proiettano sul domani attese, speranze e desideri, talvolta nostalgie e rimpianti, non facili da gestire nella complessità in cui viviamo.
Resta anche oggi fondamentale l’atteggiamento con cui guardiamo e pensiamo il futuro: se lo intendiamo come un destino già stabilito solo da conoscere o, se nell’impossibilità di prevederlo, pensiamo di avere la possibilità di cambiarlo o se ne siamo comunque vittime e spettatori inerti.
Di futuro se ne parla sempre e non solo dal punto di vista scientifico e tecnologico, ma anche politico, sociale e personale; ultimamente il grande dibattito riaperto sui temi di sostenibilità ambientale, al di là delle emergenze e delle possibili soluzioni, pare faccia emergere, anche tra gli esperti, immagini diverse di futuro. Si tratta di un futuro aperto, nelle nostre mani, o chiuso, determinato da cause immodificabili, di cui siamo parzialmente o del tutto responsabili, o, indipendentemente da quel che è precedentemente accaduto, siamo lanciati in un cieco, misterioso e, tendenzialmente, oscuro destino?
Di certo il nostro presente è impastato di futuro, di ipotesi e progetti, di intenzioni e proposte, di congetture e volontà, ne siamo attratti e, contemporaneamente, respinti, non possiamo prescindere né dal passato, né dal presente che stiamo vivendo.
Dietrich Bonhoeffer, teologo luterano, che visse in uno dei momenti più bui della storia, partecipando alla resistenza contro il nazismo, fu incarcerato e finì i suoi giorni giustiziato nel campo di concentramento di Flossenbürg, scrive (Resistenza e resa, lettere e scritti dal carcere) che di fronte a circostanze che inducono a rinunciare ad affannarsi per il domani, due possono essere gli atteggiamenti: la rinuncia rassegnata al futuro o il ricorrere al sogno nostalgico di un futuro felice per dimenticare il presente, mentre al cristiano «resta solo la via stretta, qualche volta quasi introvabile, di accogliere ogni giorno come se fosse l’ultimo, e di vivere però nella fede e nella responsabilità come se ci fosse ancora un grande futuro davanti a noi. […] Pensare e agire pensando alla prossima generazione, ed essere contemporaneamente pronti ad andarcene ogni giorno, senza paura e senza preoccupazione: questo è l’atteggiamento che praticamente ci è imposto e che non è facile, ma tuttavia è necessario mantenere coraggiosamente».
Essere pessimisti – afferma – pare essere più saggio, ma l’essenza dell’ottimismo è la forza vitale di sperare contro la rassegnazione, «la forza di tener alta la testa quando sembra che tutto fallisca, la forza di sopportare gli insuccessi, una forza che non lascia mai il futuro agli avversari, ma lo rivendica per sé. […] Ci sono uomini che ritengono poco serio, e cristiani che ritengono poco pio, sperare in un futuro terreno migliore e prepararsi ad esso. Essi credono che il senso dei presenti accadimenti sia il caos, il disordine, la catastrofe, e si sottraggono, nella rassegnazione o in una pia fuga dal mondo, alla responsabilità per la continuazione della vita, per la ricostruzione, per le generazioni future. Può darsi che domani spunti l’alba dell’ultimo giorno: allora, non prima, noi interromperemo volentieri il lavoro per un futuro migliore».
SOMMARIO
«GIÀ» E «NON ANCORA» P. A. M. Sicari ocd
TEMA: IL FUTURO
TENERE IN SALVO LA SPERANZA A. Bellingreri
LA PAURA PER IL DOMANI E. Brentari
LA RIPETIZIONE COME DOMANDA DI FUTURO A. Musio
INTELLIGENZA ARTIFICIALE: IL FUTURO È OGGI Intervista all’ing. Pietro Rota a cura di M. Bonardi
L’OSCURO FUTURO L. Sighel
CON GLI OCCHI AL CIELO Intervista a Vito Lecci a cura della Redazione
ATTUALITÀ
UNIONE EUROPEA: UNIONE DI STATI O COMUNITÀ DI POPOLI? Un incontro con il Prof. Ernesto Galli Della Loggia a cura di P. Fabio Silvestri ocd
I SOVRANISMI SOVRANISMI E L’UNIONE EUROPEA L’UNIONE EUROPEA G. Savagnone
E ORA SERVE UN MIRACOLO. IL ROGO DI NOTRE–DAME: L’ANIMA È UNA COSA SERIA L. Bruni
GIANCARLO RASTELLI. LA PRIMA CARITÀ È LA SCIENZA T. Gentiloni
NELLO STATO DEL PELLICANO. CULTURE WAR SULL’ABORTO NEGLI STATI UNITI D’AMERICA A. Bonera
RITRATTO FEMMINILE DI UNA GIORNATA M. Nasca
PAROLA DI DIO
CARITÀ
QUEL PANE SPEZZATO OLTRE LE SBARRE R. Ribbene
MUSICA
L’ARTE DELL’INCONTRO R. Barone
ARTE
UNA RAGAZZA DI NOME MARIA V. Sgarbi
CINEMA
NON CI RESTA CHE VINCERE S. Giorgi
LETTURE
L’ULTIMO CARNEVALE Recensione – intervista a Paolo Malaguti a cura di V. Marconato
PUNTO MISSIONE
APRITI AL MONDO a cura di Mara, Francesco, Francesca, Stefania, P. Stefano, Mattia, Ester
VITA DEL MOVIMENTO
ESERCIZI SPIRITUALI LIGNANO
ESERCIZI SPIRITUALI PALERMO
BRUXELLES
ULTIMA PAGINA V. Marconato