
EDITORIALE
La tempesta, dentro cui ci siamo trovati e nella quale ancora arranchiamo, non può, come viene sottolineato in alcuni articoli proposti in questo numero, essere avvenuta e passare invano. È doveroso interrogarsi personalmente e collettivamente, per chiedersi cosa la situazione di emergenza ci ha tolto, cosa ci ha suggerito o costretto ad immaginare e cosa ci lascia in eredità.
Lo status emergenziale ci ha mostrato che molti aspetti del nostro vivere, che percepivamo come scontati, intangibili o impossibili da mutare, sono stati improvvisamente scossi dalle fondamenta, creando insicurezza e diffondendo ansie e paure. Di contro, atti banali e consuetudini quotidiane, che reputavamo di poco conto, hanno improvvisamente rivelato un valore intrinseco ed inimmaginabile.
Anche se in misura diversa, tutte le nostre vite sono state messe in crisi con le proprie routine e certezze, ma soprattutto si sono rese più evidenti, con la loro dirompente drammaticità, tutte quelle difficoltà e quei disagi che, pur esistendo anche prima, in qualche modo erano un po’ dimenticati, taciuti o ignorati.
La parola cura è stata uno dei termini che abbiamo maggiormente pronunciato: la necessità di trovare una cura ha impegnato chi si è trovato a contatto con il virus. Nella premessa al suo ultimo lavoro sul tema della cura (La politica della cura) Luigina Mortari afferma che «l’essenza della cura consiste nel prendere a cuore la vita». La logica della cura cozza contro la cultura neoliberista che riduce e ridimensiona tutto ad un criterio di mercato, dimenticandosi proprio ciò che è necessario per «riandare al centro delle cose». Ma dov’è questo centro e di quale cura abbiamo bisogno? Il periodo che abbiamo vissuto ci ha buttato in faccia proprio questa verità: certamente nel vortice sono stati coinvolti pesantemente i contesti produttivi e lavorativi, che hanno determinato una crisi economica che si farà sentire con forza e per un tempo non facilmente definibile, ma la tanto agognata ripartenza commetterebbe un errore tragico se si limitasse agli aspetti economico-finanziari e non acquisisse in fretta la consapevolezza che la priorità è da attribuire agli aspetti esistenziali-relazionali e sociali, alle diverse declinazioni che “il prendersi cura” può e deve assumere. La cura non è quindi solo sanitaria o legata ai provvedimenti e alle manovre di salvataggio delle imprese da parte dei governi, ma è la capacità di prendersi cura della persona nella sua integralità. La più profonda crisi è nell’immaginare e realizzare, a partire dalla persona, un futuro che tutti dichiarano di volere rispettoso, inclusivo e solidale, salvo poi accorgersi che le disuguaglianze, le sopraffazioni e le sperequazioni crescono, e sempre a danno dei più deboli. Il cambio di paradigma, che questo primo ventennio del secolo reclama ed implora, è un’attenzione alla cura, nelle sue molteplici forme: dalla cura del sé alla cura per l’ambiente e il nostro ecosistema, dalla cura delle relazioni alla cura della solidarietà e delle realtà più povere di mezzi e di rapporti. La cura che i nostri tempi richiedono non è solo la ricerca di un rimedio alle infezioni e un vaccino contro possibili nuove minacce patogene, ma la necessità di affrontare un virus che agisce sotterraneo nell’innervatura delle nostre società, apparentemente permissive e pacificate e che sviluppa nuove forme di intolleranza e violenza, di frustrazione e depressione, che inaridiscono e negano la vita. La battuta d’arresto che ci ha toccato dovrebbe divenire occasione per ripensare come prendersi a cuore il bene individuale e comune in un contesto in cui viralità e virtualità sono entrate in uno strano e problematico nuovo legame. L’aver cura è una modalità di esistere, «un fenomeno ontologico sostanziale» (Mortari) allo stare nel complesso groviglio della realtà e del tempo, nella ricerca e scoperta del senso dell’esistenza. Papa Francesco il primo gennaio 2021 ha intitolato il discorso per la Giornata Mondiale della Pace proprio “La cultura della cura come percorso di pace”, delineando le caratteristiche di quella che lui chiama la “grammatica” della cura, unica bussola per imprimere una rotta comune veramente umana al domani . Dietrich Bonhoeffer, il teologo morto in campo di concentramento a Flossenbürg, afferma che per il cristiano è Gesù il paradigma, che «senza dubbio si è preso cura di esistenze al margine della società umana» e che «rivendica per Sé e per il regno di Dio l’intera vita umana in tutte le sue manifestazioni». Educare a prendersi a cuore la vita, «per divenire — come scrive il Papa — profeti e testimoni della cultura della cura», è la missione dei seguaci di Colui che si è curato degli smarriti, che si è chinato a curare le ferite e a medicare le piaghe e non ha esitato, come estremo atto di cura, a dare la propria vita.Continua a leggere
SOMMARIO
LA CURA DELL’AMORE P. A. M. Sicari ocd
APPARTENENTI ALLO STESSO DESTINO Riflessione sul prendersi cura Don V. Colmegna
RESPONSABILI DI… PRENDERSI CURA Intervista al Prof. Zamagni a cura di P. F. Silvestri ocd
LA CURA DELLA CASA COMUNE P. S. Conotter ocd
CAPIRE CIÒ CHE ABBIAMO VISSUTO A. Musio
RAGAZZI… C’È BISOGNO DI VOI! Intervista al Prof. G. Pietropolli Charmet a cura di M. Polito
SCUOLA E PANDEMIA. PRESENZA E/O DISTANZA? L. Sighel
ATTUALITÀ
CREDERE E LAVORARE PER UN AFGHANISTAN LIBERO E SENZA GUERRA M. Bellingreri
SHAMSIA HASSANI. La prima street artist donna dell’Afghanistan P. Bertoli
IL LIBANO DIMENTICATO S. Giorgi
NOTA DEL CONSIGLIO GENERALE DEL MEC SUL DDL ZAN
DDL ZAN. L’IDENTITÀ DI GENERE E I BAMBINI: UNA DISCUSSIONE È NECESSARIA M. Ceriotti Migliarese
L’ITALIA È CAMPIONE D’EUROPA DI CALCIO R. Barone
PAROLA DI DIO
MUSICA
E TI VENGO A CERCARE… IN RICORDO DI FRANCO BATTIATO R. Barone
ARTE
SALVE REGINA (Seconda parte) M. T. Robecchi
CINEMA
THE FATHER (IL PADRE): NULLA È COME SEMBRA S. Giorgi
PUNTO MISSIONE
OLTRE I CONFINI DI CASA MADELEINE DELBRÊL E. Sartorio
VITA DEL MOVIMENTO
ASSEMBLEA GENERALE
MEC PALERMO