
EDITORIALE – LA PACE… POSSIBILE?
Da due anni i mezzi di comunicazione ci hanno raccontato la pandemia e la lotta contro il covid-19 con immagini, espressioni belliche e un linguaggio militaresco: l’epidemia come una guerra. Ora che la guerra, quella vera, è entrata nei nostri occhi, nei nostri discorsi e nelle nostre preoccupazioni, ora che si è fatta tanto vicina, la paura è che diventi endemica e si diffonda come un tragico contagio.
Ma qual è, in questo caso, il vaccino? Non ci sentivamo forse, in qualche modo, immuni dalla guerra, distanti ormai due generazioni da quel terribile conflitto mondiale che ha lacerato con più di 50 milioni di morti il cuore del XX secolo? Eppure la guerra, l’industria ed il business che la seguono, non si sono mai interrotti in questi quasi 80 anni di “pace”.
Ma che pace è stata quella che ha consentito a noi di nascere in un contesto diverso da quello di Mia, la prima bambina nata in un sotterraneo dell’ospedale di Kiev, mentre i missili sopra la sua testa distruggevano la sala parto? Si è trattato unicamente di non belligeranza, di un equilibrio di forze e di potenza, sempre a rischio frantumazione, o è stato il convergere di interessi politici, economici? La pace di cui abbiamo goduto assomiglia di più ad una tregua, un’alleanza, un patto di forza o si è trattato veramente di un cammino comune che aspirava all’unità?
Continua a leggere
Tanti analisti e storici confessano che l’attuale conflitto ha e avrà delle conseguenze di lungo termine, dalle quali non è facile prendere le distanze e tornare indietro. Le stesse parole “pace” e “guerra”, dal significato, fino a pochi mesi fa, inequivocabile, oggi appaiono più discutibili e necessitano, a causa degli eventi recenti, di una profonda ricomprensione, che non ci consente di abbandonarci all’ovvietà di un senso, che, ora, ci pare tanto fragile.
Il modo in cui parliamo di un evento costituisce sempre una parte non secondaria della nostra esperienza di quell’avvenimento. La parola è lo strumento umano per dare senso al vivere: può unire, separare, segregare, far vivere e morire, può curare, implorare, trattare, pregare. Le guerre partono da lontano, le radici sono profonde e iniziano con le parole, dove si favorisce la divisione e l’odio, il contrasto e la contrapposizione ideologica.
Scriveva Victor Kemplerer, acuto filologo scampato alla deportazione nazista ed autore di un testo/diario sull’esperienza linguistica del totalitarismo in Germania: «La lingua non si limita a creare e pensare per me, dirige anche il mio sentire, indirizza tutto il mio essere spirituale quanto più naturalmente, più inconsciamente mi abbandono a lei. E se la lingua è formata di elementi tossici o è stata resa portatrice di tali elementi? Le parole possono essere come minime dosi di arsenico: ingerite senza saperlo sembrano non avere più effetto, ma dopo qualche tempo ecco rivelarsi l’effetto tossico».
Il bombardamento mediatico che accompagna questo conflitto, inocula nel linguaggio dosi quotidiane di veleno, non solo tra i contendenti diretti, ma nel dibattito pubblico internazionale come nei commenti televisivi e nel “parlare comune”. Cruciale è chiedersi. come sia presentata e raccontata questa guerra e come siano rappresentate la paura e l’angoscia dei civili, dei profughi, di tutte le vittime.
Di fronte ai fatti tragici sembrano mancare le parole e gli aggettivi divengono sempre più scioccanti ed inquietanti, denunciando, in fondo, la propria incapacità ad esprimere la vastità del dolore e la profondità delle ferite che le armi e le morti stanno incidendo nei cuori, nelle famiglie e nella memoria dei popoli e della storia.
Abbiamo bisogno della pace e dobbiamo educarci alla pace, ma proprio in questi funesti mesi si rende evidente come sia un processo lento, un cammino difficile e tortuoso, che deve essere coltivato e fatto maturare nei momenti di assenza di conflitti e con pazienza deve curare nel profondo le lesioni, gli sfregi e i lutti che la storia ha disseminato. In questo numero, con interventi diversi, vogliamo metterci nel mezzo di questi temi, ben sapendo che le soluzioni o le possibili risposte non sono facili.
Educarsi alla pace – scriveva il Santo Giovanni Paolo II – significa «educare le nuove generazioni, per preparare un’era migliore per l’intera umanità» e «noi cristiani, l’impegno di educare noi stessi e gli altri alla pace lo sentiamo come appartenente al genio stesso della nostra religione». Per il cristiano, infatti, «proclamare la pace è annunziare Cristo che è “la nostra pace”» è proclamare la sua nuova novella, che la giustizia non basta, ma trova il suo completamento nella carità. Non c’è pace senza perdono!
SOMMARIO
«IL MONDO È IN FIAMME!» P. A. M. Sicari ocd
VIAGGIO NEL CUORE DELL’ORRORE E DELLA SPERANZA P. M. Márquez Calle, Padre Generale dell’Ordine dei Carmelitani Scalzi
BENEDETTO CHI DICE NO… E FA ALTRIMENTI. IL SOLO VOLTO DELLA GUERRA M. Tarquinio
ETICA E POLITICA NELLA GUERRA IN UCRAINA G. Savagnone
IL “RIPUDIO” DELLA GUERRA. Una interpretazione costituzionale L. Gori
L’ABISSO DEL CUORE UMANO. DAL MONDO ALL’IO A. Musio
COSÌ LONTANO, COSÌ VICINO. La guerra dalle parole di Nello Scavo a cura di M. Gelmini
ALLA PACE SERVONO LE DONNE A. Alberti
LA RUSSIA DI OGGI… È LA RUSSIA DI SEMPRE! Intervista a don Stefano Caprio a cura di L. Sighel
ATTUALITÀ
LA GLORIA E LA PROVA. Intervista a Totò Cascio, protagonista di Nuovo Cinema Paradiso a cura di M. Nasca
MEC… DOMANI: LA LUCE DELLO SPIRITO, IL NOSTRO CAMMINO. Presentazione della prima parte del progetto P. F. Silvestri ocd
PAROLA DI DIO
CARITÀ
FEDE, SOLIDARIETÀ E BELLEZZA NEL CUORE DI BALLARÒ R. Ribbene
MUSICA
L’ESSENZIALE SECONDO MASSIMO PRIVIERO Intervista a cura di R. Barone
ARTE
THE PEACE WINDOW. LA FINESTRA DELLA PACE E DELLA FELICITÀ DEGLI UOMINI DI MARC CHAGALL Fr. A. Futia ocd
CINEMA
LUNANA: UN VILLAGGIO ALLA FINE DEL MONDO S.Giorgi
PUNTO MISSIONE
APRITI AL DIALOGO. PERCORSO ITINERANTE DI INTERCULTURALITÀ E. Sartorio
VITA DEL MOVIMENTO
ESERCIZI SPIRITUALI SICILIA
ESERCIZI SPIRITUALI LIGNANO SABBIADORO
44° PELLEGRINAGGIO MARIANO – MADRE DELLA LUCE
COMUNITÀ DI TRENTO – DIALOGANDO…