IL SENSO E LA BELLEZZA DEI NOSTRI PASSI
(di P. Gino Toppan ocd)

Dopo quarant’anni il suggestivo pellegrinaggio dalla Madonna della Stella (Cellatica, Brescia) alla Madonna della Neve (Adro, Brescia) non è vecchio, è solamente iniziato.
Quarant’anni di passi hanno reso il nostro camminare ancora più agile e snello: più deciso! Da allora, ininterrottamente, una strada di fede, di entusiasmo e di umanità è cresciuta, nel mese di maggio, tra le vigne e i prati della Franciacorta. È un popolo intero, dalla fi sionomia giovane, che marcia per un giorno e che racconta con la preghiera, il canto e la festa i tratti umani della fede cristiana. Ora, se un gesto si rinnova di anno in anno fi no a raggiungere la quarantesima edizione, signifi ca che è un gesto indovinato.
Quarant’anni fa abbiamo indovinato a metterci per strada dietro una Croce cantando e pregando la nostra fede. Pioveva, ma le strade e le colline si riempivano di gioia e allegria.
Sì, perché questo è il volto di una Chiesa viva. E noi ci sentivamo vivi, felici di seguire e testimoniare Cristo. Romano Guardini dice che non c’è nessuna religione più materialista del cristianesimo e il nostro pellegrinaggio ne è una verifi ca fantastica. La fede entra nelle gambe, nella gola, negli occhi, nel colore della pelle.
Nel pellegrinaggio è implicato infatti un modo di capire la Chiesa, un modo di capire il Movimento e un modo di capire il proprio io in relazione al “Tutto”. E dove la categoria fondamentale che emerge è quella del “cammino”. Il tema del cammino, della strada è d’altra parte un tema non lontano dalla sensibilità umana, perché è una metafora della vita! Per questo può assumere diverse connotazioni:
Il cammino che non so…
Tipico di tanti nostri contemporanei. «Dobbiamo andare! Dove? Non so! Ma dobbiamo andare» (J. Kerouac). In questo vagare nevrotico c’è tutta la malinconia di chi naufraga ed erra nel mare della vita. C’è della letteratura in questo, ma soprattutto c’è la “frenesia” o la “febbre” di chi non è mai contento. È la voglia di stare con gli amici senza chiedersi né il perché né il come. Così si esprime anche Brecht: «Sono seduto sul ciglio della strada mentre stanno cambiando la ruota della macchina. Non mi interessa da dove vengo, non mi interessa dove vado e allora perché guardo il cambio della ruota con impazienza?». L’uomo moderno sa che la vita è un cammino… ma non ha più chiari l’inizio e la fi ne; non ha punti di riferimento. È frastornato e impaziente.
Il cammino come ricerca (alla ricerca del Graal, alla ricerca della felicità, alla ricerca dell’amore, alla ricerca dell’albero della vita).
Papa Benedetto lo ha descritto nel suo senso più alto: «Anche se gli altri uomini, quelli rimasti a casa, li ritenevano forse utopisti e sognatori [i Magi], invece erano persone con i piedi sulla terra e sapevano che per cambiare il mondo bisogna disporre del potere. Per questo non potevano cercare il bambino della promessa se non nel palazzo del Re. Ora però s’inchinano davanti a un bambino di povera gente, e ben presto vengono a sapere che Erode — quel Re dal quale si erano recati — con il suo potere intendeva insidiarlo. Il nuovo Re, davanti al quale si erano prostrati in adorazione, si differenziava molto dalla loro attesa. Così dovevano imparare che Dio è diverso da come noi lo immaginiamo.
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di Dio… devono diventare uomini della verità, del diritto, della bontà, del perdono, della misericordia. Non domanderanno più: Questo a che cosa mi serve? Dovranno invece domandare: Con che cosa servo io la presenza di Dio nel mondo? Devono imparare a perdere se stessi e proprio così a trovare se stessi…» (Benedetto XVI, Discorso ai giovani a Marienfeld). Per questo forse non è un caso se i Santuari e i Pellegrinaggi sono diventati un punto strategico per una Nuova Evangelizzazione. Essi sono il simbolo, nel tempo e nello spazio, del viaggio interiore alla ricerca del luogo del cuore. Sono insieme meta e punto di partenza per l’incontro sempre nuovo con il Dio vero.
Il cammino come ritorno
Era già quello di Ulisse che voleva sempre avanzare, andare avanti ma senza abbandonare il pensiero di Itaca. Il riferimento per noi più bello è il racconto evangelico del Figliol prodigo: una doppia corsa, disperata la prima, piena di speranza la seconda. L’abbraccio del Padre come inizio della Resurrezione. Qui, come nel Sacramento della Riconciliazione, tutto ricomincia e tutto è nuovo
Il cammino che scaturisce dall’incontro con Cristo
È un cammino che si riempie di una molteplicità di significati e riassume anche quelli precedenti:
Si cammina verso una meta perché la vita dell’uomo tende verso la casa del Padre e della Madre.
Si cammina con qualsiasi tempo perché la vita dell’uomo è attraversata dalla gioia e dal dolore.
Si cammina con una certezza nel cuore perché l’uomo non è destinato al fallimento ma alla salvezza.
Si cammina insieme perché la vita dell’uomo non è un viaggio di solitari verso il nulla, ma un pellegrinaggio di fratelli incontro alla Trinità.
Si cammina a piedi perché la fatica è una condizione e non un ostacolo al cammino.
Si cammina permettendo a chi è stanco di essere portato perché la vita dell’uomo è custodita dalla misericordia del Padre.
Si cammina sulle strade di tutti i giorni e di tutta la gente perché la fede riempie di bellezza l’esistenza di ogni giorno.
Si cammina custoditi dalle braccia di Maria, la madre della Bellezza che salva il mondo.
In conclusione di queste rifl essioni, allora, c’è un ultimo aspetto che non può essere dimenticato. La buona riuscita di un pellegrinaggio richiede che molte persone si mettano al servizio. Nel caso del nostro pellegrinaggio, all’inizio, quando eravamo solo in pochi, era suffi ciente qualche altoparlante.
Oggi al pellegrinaggio vengono in migliaia. Di lavoro quindi ce n’è per tutti: chi porta le trombe audio, chi sorregge il fi lo, chi regola il traffi co, chi canta e suona, chi cura la trasmissione radio, chi guida i pulmini per le persone in diffi coltà, chi accompagna i bambini.
Insomma, quello che cammina è davvero un popolo. E certamente quest’anno il sole vorrà baciarci e il vento verrà ad accarezzarci. Il 13 maggio è un appuntamento da non mancare.
©Dialoghi Carmelitani, ANNO 19, NUMERO 1, Marzo 2018