Esempio di resilienza a dimensione d’uomo
(di Rosario Ribbene)
La sfida del futuro preservando la propria identità
Affrontare la sfida del futuro senza alienare la propria identità o, in altri termini, attivare nuovi modelli di rigenerazione senza perdere quella dimensione d’uomo acquisita nel corso dei secoli, dando un nuovo slancio per raggiungere inaspettate mete importanti. È questo in pochi passaggi quel concetto di resilienza che ha caratterizzato la rinata vivacità dei borghi siciliani di cui vi vogliamo raccontare la significatività dell’esempio.
L’incessante operosità delle comunità locali siciliane ha proiettato le loro scelte verso le sfide di questo millennio, attraverso l’adesione a processi di innovazione istituzionale e di governance intercomunale avviando nuove reti di partenariato indirizzate a rafforzare le capacità di resilienza e di sviluppo del sistema territoriale. Sono queste le carte su cui hanno scommesso, mettendo al centro dell’azione locale la cura delle persone, la cura del paesaggio, delle campagne e dell’ecologia dell’ambiente, recuperando il mosaico della cultura territoriale che serve a ragionare in termini sistemici di flussi e cicli di materia e di energia (aria, acqua, suolo, energia) senza dimenticare le connessioni tra lavoro e reddito degli agricoltori, alimenti sani per i consumatori, bellezza del paesaggio per i turisti, luoghi di svago per gli abitanti e servizi ecosistemici per tutta la collettività.
Smart Land: una nuova alleanza tra città intelligenti e borghi sostenibili
“La Sicilia si propone come nuovo paradigma in grado di ricomporre il conflitto tra una città sempre più tecnologica e un ambiente rurale più a misura d’uomo, tra città più attrattive e borghi rurali che si spopolano. La Sicilia può proporre un ambiente urbano più complesso, fatto di intelligenza e resilienza, di competitività e coesione in grado di agire attivamente per migliorare la qualità della vita dei cittadini che lo abitano”. È questo il senso della Smart Land, presentato a giugno del 2015 a Palazzo Italia per Expo Milano. Un’area più ampia della sola città densa che arriva a includere i territori rurali, un territorio più diffuso dove città e paesi si uniscono in un unico “territorio intelligente”, non solo dal punto di vista tecnologico, ma anche sociale, per città, metropolitane, medie e piccole, più vivibili e socialmente inclusive e capaci di promuovere il benessere dei cittadini. Il concetto di Smart Land non è solo un ampliamento della Smart City, ma è un nuovo modello che coinvolge gli attori locali, istituzionali, economici, culturali e sociali, ad agire in modi nuovi sul paesaggio, sui beni culturali, sulla produzione manifatturiera, sugli stili di vita e sulla sostenibilità ambientale. La nuova alleanza tra città intelligenti, borghi sostenibili e cittadini responsabili apre una fase nuova dello sviluppo, ridando così ruolo propulsivo al territorio, che rimane fattore centrale per una metamorfosi di sistema capace di rispondere alle sfide che abbiamo davanti.
Continua a leggere
L’Isola dei borghi
La Sicilia non è solo una grande isola (le sue coste da sole superano i 1.000 km di lunghezza), ma è soprattutto uno scrigno di tesori naturali, storici e culturali, a volte molto nascosti e quindi difficili da trovare per chi vi si avventura con scarsa attenzione. Per scoprirla in profondità occorre senz’altro scoprire le città più grandi e rappresentative come Palermo, Catania, Messina, Siracusa, Agrigento, Enna, Caltanissetta, Ragusa e Trapani, ma è necessario riscoprirla attraverso i suoi numerosi centri più piccoli, alcuni di questi eletti “Borghi più belli d’Italia”, attualmente ben 19, facendola posizionare al sesto posto in Italia — a pari merito con la Toscana — subito dopo Umbria (25), Abruzzo (22), Marche (22) Liguria (21) e Lombardia (20).
Erice, una smart-city in miniatura
Tra i borghi più significativi dell’Isola — non solo per la sua posizione orografica, ma per essere venerato nei secoli quale residenza divina (secondo per “importanza religiosa”, forse, all’Etna) — ci soffermiamo senza dubbio alcuno su Erice.
Posto sull’omonimo monte, a 751 metri di altezza, Erice è stata fondata — secondo Tucidide — dagli esuli troiani rimasti incantati dalla bellezza del luogo. Racconta Tucidide (500 a.C.) che «dopo la caduta di Troia (1183 a.C.) alcuni troiani arrivarono in Sicilia dal mare con le loro navi, e iniziarono ad abitare vicino ai Sicani. Questi li chiamarono Elimi: le loro città furono Segesta ed Erice». Non è tutto; in questa città, secondo Virgilio, Enea seppellì il padre Anchise. Ma non furono solo Tucidide e Virgilio a narrare la bellezza del posto: Omero, Teocrito, Polibio, Orazio e molti altri non riuscirono a resistere al fascino del monte dedicato alla dea dell’amore e della bellezza. Loro come tutti i popoli che qui si succedettero. Questo luogo fu infatti “venerato” sia dai Fenici (tra l’VIII e il V secolo a.C.) sia dai Cartaginesi (nel III secolo a.C.). Questi ultimi, anzi, ne potenziarono il mito (per loro era Astarte, divinità fenicia dell’amore lussurioso) e ne fortificarono il luogo, costruendo una cinta muraria ad ovest ancora oggi a tratti esistente. Poi ci furono i Siracusani (IV secolo a.C.) e gli Ellenici (III secolo a.C.), ma i Cartaginesi, dopo anni di battaglie e di assalti, riuscirono a riconquistare la loro città sacra. La difesero a lungo anche contro i Romani nel corso della prima guerra punica che si concluse con la vittoria del romano Lutazio Catulo. Roma, però, aveva ben altre mire e poco si curò di questo gioiello. Pur mantenendovi il tempio dedicato alla Venere Ericina, piano piano abbandonò la città che iniziò il suo primo periodo di decadenza. Lo storico Edrisi, un secolo dopo l’anno Mille, descrive «una montagna enorme, di superba cima e di alti pinnacoli […]. Al sommo di essa stendesi un territorio pianeggiante da seminare, abbonda l’acqua […]». Per tornare a leggere il suo nome negli antichi documenti, infatti, bisogna aspettare gli Arabi che, chiamandola con il nome di Gebel al–Hamed, lasciarono testimonianza della bellezza paesaggistica del luogo e del fatto che la ritenevano particolare per le naturali doti difensive.
Ibn Gubajr, viaggiatore arabo– spagnolo, descrive nel 1185 un borgo collegato ad un castello normanno con un ponte, abitato da cristiani. Questo è il borgo ricostruito dal re normanno Ruggero II sulla vecchia Erice Elima, ma non si chiama Erice, bensì Monte San Giuliano, un nome che mantenne fino al 1936. Dalla sua posizione domina la sottostante Trapani e per raggiungerla è possibile inerpicarsi in auto su di una strada con numerosi tornanti o utilizzare la funivia che, percorrendo ben 3099 metri, giunge all’ingresso della cittadina. Erice non solo ha un fascino indescrivibile ma è un borgo di fama mondiale, dal 1963 è sede del “Centro di cultura scientifica Ettore Majorana”: nato da un progetto del professor Antonino Zichichi, questo centro accoglie gli studiosi più qualificati del mondo, gli argomenti qui trattati riguardano diversi settori, dalla storia all’astronomia, dalla medicina alla filologia, dal diritto alla chimica.
Coronato da un altopiano di forma triangolare, a terrazza sul mare, dal belvedere ericino nelle belle giornate di sole è possibile scorgere le isole Egadi e Ustica. Avvolta dalle antiche mura del suo possente sistema di difesa, Erice è un labirinto di stradine acciottolate e di varchi talmente stretti da permettere il passaggio di un solo uomo. Le case, strette le une alle altre, hanno deliziosi e curati cortili interni, difesi e protetti dalla vista dei passanti in modo che la vita familiare si svolga nella più completa intimità.
Rispetto al paesaggio circostante, Erice mostra due volti: quello solare e luminoso delle calde giornate estive, quando la luce invade le stradine e incredibili panorami si aprono sulla vallata e sul mare, e quello delle giornate invernali quando, avviluppata nelle nuvole, la cittadina sembra ricongiungersi alle sue radici mitiche, regalando al viaggiatore la sensazione di essere giunto in un luogo fuori dal tempo e dalla realtà. L’atmosfera medievale, l’aria fresca, le belle pinete che la circondano, la tranquillità che vi regna e l’artigianato locale la rendono una delle mete obbligatorie cui i turisti che vogliono scoprire l’Isola non possono rinunciare. Ma Erice non è soltanto un meraviglioso scrigno di storia e di bellezza, potendosi considerare, a giusto titolo, una Smart City. Eccelle in Sicilia, per esempio, per i percorsi sensoriali: la sua segnaletica dei monumenti in braille rappresenta la sensibilità per una accessibilità rivolta ai “turisti speciali”. Per altri versi, invece, Erice vuole ottenere dalla Regione Siciliana l’inserimento tra le Zone franche montane, così da attivare processi di qualificazione e sostenibilità territoriale, contrastare lo spopolamento e potenziare i fattori di attrazione di nuove attività ed abitanti.
©Dialoghi Carmelitani, ANNO 17, NUMERO 4, Dicembre 2016