A Lesbo i rappresentanti della Chiesa Cattolica e Ortodossa incontrano i rifugiati

(di Michelangelo Nasca)

Il Papa a Lesbo

«Non siete soli…Sono venuto qui con i miei fratelli semplicemente per stare con voi e per ascoltare le vostre storie». Sono le parole che Papa Francesco, il 16 aprile 2016, ha rivolto ai rifugiati di Lesbo, una delle principali isole del Mediterraneo diventata negli ultimi anni un importante approdo per i migranti, che si spostano dalla Turchia e dalla Siria. Una visita – certamente diversa dagli altri viaggio pastorali che il Papa, di solito, compie in Italia e nel mondo – con la quale il Pontefice ha voluto esprimere «vicinanza e solidarietà sia ai profughi, sia ai cittadini di Lesbo, e a tutto il popolo greco tanto generoso nell’accoglienza». Lesbo, secondo gli ultimi dati raccolti, lo scorso mese di marzo ospitava nel proprio territorio oltre 3mila migranti, mentre nel 2015 gli sbarchi complessivi ammontarono a 400mila profughi.

La paura e la sofferenza disegnata dai bambini

Atterrato all’aeroporto internazionale di Mytilene (Grecia), Papa Francesco è stato accolto dal Patriarca Ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I e dall’Arcivescovo di Atene e di tutta la Grecia, Ieronymos, i “fratelli” con i quali ha voluto condividere questa particolare visita.  Dopo un breve incontro privato con il Primo Ministro della Repubblica Ellenica, i tre rappresentanti della Chiesa Cattolica e Ortodossa si sono recati al “Campo di Moria”, il centro di prima accoglienza per migranti. Questo, probabilmente, è stato il momento più intenso della visita. Le immagini trasmesse dalla televisione hanno raccontato la gioia di tanti rifugiati che hanno visto nel Papa il riflesso di una speranza, e inevitabilmente l’attenzione del mondo su di loro. Il Pontefice è rimasto profondamente colpito dai disegni che alcuni bambini gli hanno regalato; durante il volo di ritorno dirà, infatti, ai giornalisti: «I bambini mi hanno regalato tanti disegni [il Papa mostra diversi disegni uno dopo l’altro e li commenta]. Uno: cosa vogliono i bambini? Pace, perché soffrono. […] Ma cosa hanno visto, quei bambini! Guardate questo: hanno visto anche un bambino annegare. Questo i bambini l’hanno nel cuore! Davvero, oggi era da piangere. Era da piangere. Lo stesso tema lo ha fatto questo bambino dell’Afghanistan: si vede che il barcone che viene dall’Afghanistan torna alla Grecia. Questi bambini hanno nella memoria questo! E ci vorrà tempo per elaborarlo. Guardate questo: il sole che vede e piange. Ma se il sole è capace di piangere, anche noi: una lacrima ci farà bene». Difficile da dimenticare, inoltre, la bambina che alla vista del Papa si è letteralmente prostrata ai suoi piedi, piangendo, e rimanendo per diversi secondi ancorata ai piedi del pontefice.

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Non perdete la speranza!

All’inizio del suo discorso, il Papa ha sottolineato il dramma di chi vive la condizione del rifugiato: «avete patito molte sofferenze nella vostra ricerca di una vita migliore. Molti di voi si sono sentiti costretti a fuggire da situazioni di conflitto e di persecuzione, soprattutto per i vostri figli […]. Conoscete il dolore di aver lasciato dietro di voi tutto ciò che vi era caro e – quel che è forse più difficile – senza sapere che cosa il futuro avrebbe portato con sé». Poi un vero e proprio appello rivolto al mondo: «Siamo venuti – ha detto il Pontefice – per richiamare l’attenzione del mondo su questa grave crisi umanitaria e per implorarne la risoluzione. Come uomini di fede, desideriamo unire le nostre voci per parlare apertamente a nome vostro. Speriamo che il mondo si faccia attento a queste situazioni di bisogno tragico e veramente disperato, e risponda in modo degno della nostra comune umanità». Il Papa ha parlato anche delle responsabilità del genere umano richiamando i tratti distintivi della solidarietà familiare, «quando qualche nostro fratello o sorella soffre – ha dichiarato – tutti noi ne siamo toccati. Tutti sappiamo per esperienza quanto è facile per alcune persone ignorare le sofferenze degli altri e persino sfruttarne la vulnerabilità. Ma sappiamo anche che queste crisi possono far emergere il meglio di noi». Infine un incoraggiamento e un richiamo all’amore: «Non perdete la speranza! Il più grande dono che possiamo offrirci a vicenda è l’amore: uno sguardo misericordioso, la premura di ascoltarci e comprenderci, una parola di incoraggiamento, una preghiera. Possiate condividere questo dono gli uni con gli altri».

Il mondo non vi ha dimenticato

Anche gli altri due rappresentanti della Chiesa ortodossa hanno sottolineato l’importanza di questo incontro. «Il mondo non vi ha dimenticato» – ha detto nel suo discorso il Patriarca Ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I – «siamo qui per ricordarvi che – anche quando le persone ci voltano le spalle – “Dio è per noi rifugio e fortezza, nostro aiuto nelle angosce. E perciò non dobbiamo avere paura(Sal 45, 2-3)».  «Abbiamo pianto – ha proseguito il Patriarca – mentre vedevamo il Mediterraneo diventare una tomba per i vostri cari. Abbiamo pianto vedendo la simpatia e la sensibilità del popolo di Lesbo e delle altre isole. Ma abbiamo pianto anche quando abbiamo visto la durezza dei cuori dei nostri fratelli e sorelle – i vostri fratelli e sorelle – chiudere le frontiere e voltare le spalle». Chi ha paura di voi – ha sottolineato con schiettezza Bartolomeo I – dimentica «che l’emigrazione non è un problema del Medio Oriente e dell’Africa del Nord, dell’Europa e della Grecia. È un problema del mondo. Il mondo sarà giudicato dal modo in cui vi ha trattato. E saremo tutti responsabili per il modo in cui rispondiamo alla crisi e al conflitto nelle vostre regioni di origine». Poi l’appello alla pace: «Il Mediterraneo non deve essere una tomba. […] il Mare Nostrum, e più precisamente il Mar Egeo, dove ci riuniamo oggi, deve diventare un mare di pace. Preghiamo perché i conflitti in Medio Oriente, che sono alla radice della crisi migranti, cessino rapidamente e che sia ripristinata la pace. […] Vi promettiamo che non vi dimenticheremo mai. Non smetteremo mai di parlare per voi. E vi assicuriamo che faremo di tutto per aprire gli occhi e il cuore del mondo».

La “bancarotta” dell’umanità e della solidarietà

L’Arcivescovo di Atene e di tutta la Grecia, Ieronymos, nel suo discorso ha invitato tutti ad unire le voci «nel condannare lo sradicamento e nel denunciare ogni forma di svalutazione della persona umana». «Purtroppo non è la prima volta che denunciamo le politiche che hanno portato queste persone a trovarsi in questa situazione drammatica. Tuttavia noi agiremo, fino a che si ponga fine a tale aberrazione e svalutazione della persona umana. […] Soltanto quelli che hanno incrociato lo sguardo di quei piccoli bambini che abbiamo incontrato nei campi dei rifugiati, potranno immediatamente riconoscere, nella sua totalità, la “bancarotta” dell’umanità e della solidarietà che l’Europa ha dimostrato in questi ultimi anni a queste persone e non soltanto a loro». l’Arcivescovo di Atene e di tutta la Grecia, infine, ha sottolineato con orgoglio l’attenzione e la solidarietà espressa dal popolo greco nei confronti dei rifugiati.

Firma della  Dichiarazione Congiunta

Al termine dell’incontro ufficiale, i tre rappresentanti delle Chiese Cattolica e Ortodossa hanno firmato una Dichiarazione Congiunta, dove viene espressamente ricordato che «l’opinione mondiale non può ignorare la colossale crisi umanitaria, che ha avuto origine a causa della diffusione della violenza e del conflitto armato, della persecuzione e del dislocamento di minoranze religiose ed etniche, e dallo sradicamento di famiglie dalle proprie case, in violazione della dignità umana, dei diritti e delle libertà fondamentali dell’uomo». Una simile tragedia, che si ripercuote su milioni di persone, «richiede una risposta di solidarietà, compassione, generosità e un immediato ed effettivo impegno di risorse». L’appello viene rivolto alla comunità internazionale  «perché risponda con coraggio, affrontando questa enorme crisi umanitaria e le cause ad essa soggiacenti, mediante iniziative diplomatiche, politiche e caritative e attraverso sforzi congiunti, sia in Medio Oriente sia in Europa». «Mentre riconosciamo gli sforzi già compiuti per fornire aiuto e assistenza ai rifugiati, ai migranti e a quanti cercano asilo, – si legge ancora nel testo della Dichiarazione Congiunta – ci appelliamo a tutti i responsabili politici affinché sia impiegato ogni mezzo per assicurare che gli individui e le comunità, compresi i cristiani, possano rimanere nelle loro terre natie e godano del diritto fondamentale di vivere in pace e sicurezza». L’Europa oggi si trova di fronte a una delle più serie crisi umanitarie dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. «Per affrontare questa grave sfida, facciamo appello a tutti i discepoli di Cristo, perché si ricordino delle parole del Signore, sulle quali un giorno saremo giudicati: “Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi. […] In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25,35- 36.40)».

 

©Dialoghi Carmelitani, ANNO 17, NUMERO 2, Giugno 2016