Intervista al padre carmelitano Daniel Rodríguez Bracho
(a cura di P. Paolo De Carli ocd)
Ho incontrato padre Daniel Rodríguez Bracho, il delegato del Venezuela presente a Roma per il Definitorio Straordinario del nostro Ordine Carmelitano, e offro questa intervista che restituisce una testimonianza di quanto sta avvenendo nel Paese, a cui Dialoghi dedica un approfondimento in questo numero. La mia speranza è che anche ai lettori possa accadere quanto ho sperimentato in prima persona: l’incontro con qualcuno che ti parla di sé, del suo Paese per noi lontano, ti fa sentire più partecipe delle vicende del suo popolo e desideroso di “prenderselo a cuore”.

P. Daniel, cosa sta accadendo in Venezuela e perché?
Capire cosa succede in Venezuela (i disordini sono iniziati ad aprile) è complicato. Posso aiutarti a comprendere in questo modo. Il governo di un Paese si regge su un consenso popolare e si sostiene economicamente con le tasse che raccoglie. In Venezuela non è così, perché il governo coincide con la Estatal Petrolera che produce l’80% degli utili del Paese, pari circa ad 11 miliardi di dollari l’anno: insomma una specie di grande azienda che pensa solo al profitto. Malgrado ciò, il modello di governo proposto è di stampo populista: una vera menzogna visto che chi detiene il potere ha costruito una società corrotta ad ogni livello.
I nostri giornali raccontano di manifestazioni pro e contro il governo del Presidente Maduro. È vero? Da chi sono guidate e chi vi partecipa?
Tutta la popolazione è coinvolta in ciò che accade nel Paese. Molti dei nostri laici e alcuni frati hanno pure partecipato alle proteste pacifiche e quasi tutti al referendum dell’opposizione, il 16 luglio scorso. In alcune comunità ci sono anche persone legate al governo, ma questo non ci ha impedito di dare una testimonianza concreta di fraternità evangelica perché ciascuno è andato aldilà delle proprie posizioni politiche. D’altronde riponiamo la nostra fiducia nel Signore: è Lui che alimenta la speranza di arrivare presto ad un nuovo Venezuela. Pensiamo che questo momento sia come il periodo dell’esilio di Israele. Così guardiamo ai tanti che stanno abbandonando il Paese, sperando che chi se ne va tra le lacrime ritorni un giorno tra canti di gioia, con nuove prospettive arricchite dall’esperienza di una fraternità universale.
Ci sono stati episodi di violenza nelle comunità a voi affidate?
Sì, te ne racconto alcuni. A Barquisimeto, durante una manifestazione, il figlio del Presidente dell’Ordine Secolare è stato ferito da un proiettile sparato dalla polizia: non usano solo proiettili di gomma! A San Cristóbal, il 30 luglio (giorno dell’elezione dell’Assemblea Costituente) un ragazzo vicino al convento è stato ferito alla testa da un raid di un gruppo chavista (formazione paramilitare, tollerata dal governo) ed è morto dopo tre giorni a causa di un’emorragia. Oltre al dolore per la perdita del giovane, abbiamo dovuto lavorare per arrivare ad una riconciliazione, perché il raid era accaduto grazie alle informazioni passate da alcune persone filo–governative: per ironia della sorte, uno degli informatori apparteneva alla famiglia del giovane. Ma ci sono altri tipi di violenza, come quella subita da un parrocchiano della nostra comunità a Barquisimeto, un avvocato importante, professore universitario, eletto nel 2015 magistrato della Corte Suprema: poiché si è opposto al governo è stato accusato di usurpazione e ora è perseguitato, tanto che lui e la sua famiglia sono andati a vivere fuori del Paese. E c’è chi se ne va perché non vede futuro: come le figlie della cuoca di San Cristóbal fuggite in Argentina, o i figli della signora delle pulizie fuggiti in Ecuador.
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Ci sono giovani che fuggono e altri che restano: penso ai militari e alla polizia. Così come mi pare che il Presidente Maduro abbia ancora un discreto seguito tra la gente. Come mai?
Ciò che governa in Venezuela è soprattutto il denaro. I militari sono pagati molto bene e, per esempio, hanno la possibilità di accedere ad un cambio favorevole con il dollaro rispetto alla popolazione. Pensa che in Venezuela venti litri di benzina costano un centesimo di dollaro [P. Daniel ha estratto la calcolatrice e ha fatto i conti, n.d.r.]. Così chi abita vicino al confine, se ne carica una tanica sulle spalle e va a venderla nello Stato vicino dove vien pagata dieci dollari! Ovviamente per passare il confine devi pagare il dazio ai militari che lo presidiano.
La situazione attuale, com’è realmente?
Il Paese funziona a metà delle sue possibilità. In quasi tutte le città, nel primo pomeriggio, le imprese chiudono e le strade si svuotano: c’è una specie di coprifuoco non dichiarato. Anche se le proteste convocate dall’opposizione sono diminuite in modo significativo, ci sono ancora proteste spontanee non registrate dai media. Sono proteste dovute alla mancanza di gas, di luce, di acqua… Mancano prodotti come latte, olio, zucchero, farina, così come mancano i farmaci. E quando si riescono a trovare, cibo o medicinali hanno prezzi inaccessibili. Ormai è facile trovare persone che cercano cibo nelle discariche di rifiuti. Molti ospedali non fanno più operazioni chirurgiche e se si tratta di emergenze i pazienti devono pagare l’ingresso e le medicine. Spetta a loro procurare pure il kit operatorio, vale a dire guanti, mascherina e abiti per il medico, oltre ad iniezioni, siero, ecc. Se il paziente non ha tutto… non può essere operato!
E voi carmelitani, in questa situazione, di cosa vi state occupando?
Anche noi abbiamo difficoltà a sostenere l’economia delle nostre case. Ma vista la situazione generale del Paese non possiamo lamentarci. Inoltre, dove possiamo, facciamo qualcosa anche per la popolazione. Per esempio, nel convento di Caracas, diamo cibo settimanalmente a 150 persone. E a Merida, assieme all’Ordine Secolare, a 40 persone viene dato un pasto nel settore El Salado.
E, in un senso più spirituale, come vive un carmelitano in questa situazione?
Bisogna premettere una cosa: nonostante tutto, i venezuelani non hanno perso il loro buonumore, la loro gioia caratteristica. E, sebbene le speranze umane siano sempre più lontane, la speranza in Dio cresce sempre di più. In questi tempi di grande instabilità politica la Chiesa brilla come punto di riferimento. E i nostri conventi sono molto ricercati perché sono un luogo dove trovare consolazione, speranza e forza. In particolare è la Vergine Maria la guardiana della speranza del popolo. Le ideologie passano, i leader passano, ma tutte le generazioni continueranno a chiamarla benedetta. C’è chi pensa che l’umile serva del Signore non ha nulla a che fare con quello che succede nel Paese. Eppure è stato impressionante vedere la forza che tanti venezuelani hanno trovato rifugiandosi sotto la sua intercessione materna. Proprio come quando Gesù è nato: i potenti di allora non pensavano che la Vergine Maria stesse portando un annuncio capace di cambiare la storia. Così oggi in Venezuela il potere ignora il grande ruolo che la Madre di Dio ha nella gestazione di una nuova realtà per tutti i suoi figli. Un mondo in cui finalmente non continueranno a uccidersi tra loro i figli di una stessa madre.
Grazie P. Daniel per questo racconto. Da oggi ci sarà uno spazio di preghiera in più nel mio cuore, che tu hai dilatato con la tua persona, con la storia del Carmelo in Venezuela e con ciò che sta vivendo tutto il tuo Paese.
Un saluto cordiale a te. E grazie infinite per aver rivolto il vostro sguardo a questo angolo d’America così agitato in questi ultimi tempi. Ma che resta una delle tante sponde in cui il carisma carmelitano tocca la terra.
©Dialoghi Carmelitani, ANNO 18, NUMERO 3, Settembre 2017