
Avete mai giocato da piccoli con le ombre, quando una lampada o la luce di una candela proiettano verso la parete un fascio di luminosità e con le mani o dei piccoli oggetti nascono figure e animali e le loro scure sagome si allungano lungo il muro Avete mai provato con degli specchi e delle lenti a riflettere e proiettare immagini? Questa storia narra di uno dei più grandi pittori di tutti i tempi di nome Michelangelo, che farà divenire, quelli che sembrano passatempi per bambini, vere e proprie tecniche per realizzare alcuni dei capolavori più importanti dell’arte di tutti i secoli.
Nel 1571, quando il nostro protagonista nasce, era morto da poco, all’età di 90 anni, un altro famosissimo Michelangelo, Buonarroti, un grandissimo artista e scultore, ma il nostro piccolo Michelangelo nasce a Milano e prende il suo nome da San Michele Arcangelo, santo del giorno della sua nascita il 29 settembre, e fa di cognome Merisi. I suoi genitori sono originari del paese Caravaggio nel bergamasco e da quel piccolo borgo, dove la famiglia fuggirà per salvarsi dalla peste, Michelangelo prenderà il soprannome con il quale sarà ricordato: Caravaggio.
Sono tempi molto agitati e i principali sovrani d’Europa sono impegnati a preparare nei mari della Grecia, al largo della città di Lepanto, una delle più grandi battaglie navali che la storia ricordi. Sono tempi di guerra e Michelangelo nasce in quegli stessi giorni in cui i Cristiani sconfi ggono i Turchi e per tutte le città, a mezzogiorno, per la prima volta vengono suonate a festa tutte le campane delle chiese.
Purtroppo quasi tutti gli uomini della famiglia, il padre, lo zio e il nonno, muoiono per una terribile epidemia di peste. Michelangelo è un bimbo irrequieto e così la mamma decide di affidarlo come apprendista ad un artista famoso di Milano e in quel laboratorio il ragazzo conosce l’arte, gira nelle chiese per vedere le migliori opere della città e rimane ammirato e stupito di fronte ai quadri dei grandi pittori.
Lo affascina soprattutto il contrasto tra la luce e il buio, si ferma ad osservare con attenzione i giochi che la luce sa fare, le ombre che generano il sole e le lampade, e fissa nei suoi occhi e nella memoria come la luminosità e l’oscurità si alternano in ogni scena della vita, in ogni angolo delle strade e delle botteghe.
Caravaggio segue il suo maestro nella ricca Venezia dove rimira ed impara dai grandi pittori. Dopo alcuni anni termina il suo percorso con il suo maestro e decide di recarsi a Roma, che sente come la città dove potrà vivere dipingendo.
Nei primi tempi ha piccoli lavori, qualche ritratto, dipinge alcuni quadri di nature morte e viene chiamato per fare delle decorazioni. Guadagna poco e vive nei quartieri più poveri della città.
A lui piace guardare la vita della gente, osservare quel che accade nelle strade, studiare i volti, le pieghe delle vesti, i gesti delle persone, come le facce e i movimenti sono segnati dalla vecchiaia, come esplode la giovinezza, come gli occhi, il viso, le mani raccontano la storia e i sentimenti. Guarda e ritrae vecchi bambini, belli e brutti, eleganti e mendicanti.
Prova, in alcuni quadri, a mettere luce e oscurità nelle tele e nei colori, per cercare di dipingere meglio le emozioni dei volti e le espressioni delle persone: desidera rappresentare la verità e la sincerità, la fatica e la tenerezza, il dolore e l’amore.
Decide, prima di iniziare una nuova opera, di stendere sulla tela uno strato di colore scuro come se tutti i personaggi sorgessero dal buio grazie alle sue pennellate. Michelangelo ha però un caratteraccio ed è un giovane un po’ litigioso, così capita che talvolta si cacci nei guai e la polizia della città di Roma lo conosce bene.
Dopo qualche anno, finalmente ha un colpo di fortuna, anche grazie al fratello, che è un prete, e conosce un cardinale importante, che capisce la sua arte e lo accoglie sotto la sua protezione, aiutandolo anche ad allontanarsi da alcuni ambienti pericolosi. Può avere un proprio studio, dove lavora attraverso raggi di luce, che fa entrare tramite teli e pannelli, usa specchi e lenti per riflettere e riprodurre le figure, si fa aiutare da modelli che frequentano il suo laboratorio.
È proprio in quel periodo che Caravaggio riceve la prima grande commissione: deve realizzare tre grandi tele che raccontino la storia di San Matteo, l’apostolo di Gesù, per una cappella nella chiesa di San Luigi dei Francesi, dove ancor oggi si possono ammirare.
Chi era Matteo e cosa provò quel giorno in cui nella sua vita, preoccupata solo del denaro, entrò un uomo, Gesù, a cui i soldi non interessavano per nulla e che lo chiamò?
Caravaggio stende su tutta la tela il nero e poi inizia a realizzare i protagonisti: a cominciare da coloro che al tavolo stanno contando i soldi, due si accorgono di quel che accade e si girano, altri due rimangono attenti agli affari che stanno trattando e continuano a contare i soldi. Matteo è al centro della scena e viene colpito da un raggio di luce che, entrando dalla sua sinistra, lo illumina e nella luce vede una mano e Gesù, che lo indica e lo chiama. Forse, nello stendere le sue pennellate sempre più precise, Caravaggio pensa che la vita di Matteo è così simile alla sua, buia come quello stanzino dove si svolgono i suoi quotidiani affari. La chiamata di Gesù entra come un fascio di luce ad illuminare le sue giornate. Matteo è stupito e rivolge verso se stesso la mano e sembra chiedere: «Proprio me? Stai cercando proprio me?». Anche il gesto del discepolo che entra con Gesù e gli è vicino non lascia dubbi e il dito di Cristo, su cui scivola la luce, assomiglia alla mano di Dio che crea l’uomo nella Cappella Sistina. Tante volte Caravaggio aveva osservato quel capolavoro e ora, in quel giorno, Matteo nel suo quadro era creato e nasceva di nuovo.
Caravaggio sente che anche per lui la vita è un passaggio continuo tra luce ed oscurità e proprio questa diverrà la caratteristica principale della sua arte da quel giorno.
Uno dei tre quadri su San Matteo viene rifiutato, perché i gesti e il volto sembrano troppo popolari, e Caravaggio è costretto a rifarlo per poter essere pagato. Anche in seguito alcune opere verranno respinte, perché nei suoi dipinti Caravaggio mette i gesti, i volti e le vesti delle persone del popolo che lui ammira e conosce.
La sua irruenza lo porta anche ad una lite molto violenta: in occasione di una partita di pallacorda, l’antico tennis, volano parole molto dure e dagli insulti si passa al duello e Caravaggio accoltella il suo avversario, che muore. Questo fatto lo porta a fuggire da Roma cercando rifugio in alcune città italiane fino ad arrivare a Malta, poi in Sicilia ed a Napoli. Per alcuni anni vaga cercando il modo di non essere incarcerato e di poter ricevere il perdono dal Papa. Si ammala durante il viaggio che lo riporta verso Roma e muore a 38 anni, lasciando in tutte le città opere meravigliose che oggi sono nei più importanti musei del mondo e che sono tra i capolavori più ammirati da tutti.
La sua vita è stata un alternarsi di illuminazioni e di momenti di grande oscurità, proprio come vediamo nelle sue tele. È stato un uomo amante della vita e della gente e forse proprio per questo anche oggi la sua arte ci colpisce tanto e ci cattura. Nell’arte ha portato la potenza inarrestabile della luce, attraverso l’arte è entrata la luce nella sua vita, perché, come diceva S. Francesco, «Un raggio di sole è sufficiente per spazzare via molte ombre».
Testo Luca Sighel
Illustrazioni Cristina Pietta