Alcune note sulla nuova edizione italiana del Messale

(di P. Fabio Silvestri ocd)

 

 

Le ragioni della nuova edizione

Per comprendere la novità della nuova edizione italiana del Messale, è necessario conoscere i motivi che hanno portato alla sua adozione. Alcuni di essi rispondono innanzitutto ad una ragione pratica, cioè quella della coerenza tra i libri liturgici. La nuova edizione, infatti, è stata prevista per adeguare il Messale italiano all’editio typica tertia, cioè la terza edizione latina del Missale Romanum, realizzata già nel 2002 e poi emendata nel 2008. In secondo luogo, la nuova edizione del Messale si adegua alla nuova traduzione ufficiale della Bibbia, ultimata nel 2007. Questa nuova edizione italiana non va dunque intesa come un nuovo testo liturgico, ma come la normale evoluzione del Messale di Paolo VI (1970), frutto della riforma voluta dal Concilio Vaticano II.

Le novità principali

Le novità del Messale comprendono sia l’inserimento di nuovi testi, sia alcune traduzioni diverse, che cercano di preservare una maggiore adesione ai testi della Tradizione. Come esempio dei primi, si pensi al numero maggiore di prefazi previsti per le memorie, all’inserzione di parti cantate, come pure al ricorso ad un linguaggio maggiormente inclusivo (nell’atto penitenziale e nel ricordo dei defunti delle preghiere eucaristiche, si è scelto di introdurre l’espressione «fratelli e sorelle», al posto del solo “fratelli”). Tra le parti rinnovate che anche i fedeli stanno imparando a pronunciare, si possono ricordare invece: l’invocazione greca “Kýrie, eléison” nell’atto penitenziale, il riferimento agli “uomini amati dal Signore” nel Gloria e, infine, le due novità di traduzione nel Padre nostro (“…come anche noi li rimettiamo” e “non abbandonarci alla tentazione”). Ci sono infine delle novità anche al livello della veste grafica (e in particolare della leggibilità del testo), anche se da questo punto di vista, almeno in alcuni casi, si sarebbero potute fare scelte più felici.

Stimoli nuovi per “l’arte di celebrare”

Le novità del Messale, ad ogni modo, non avrebbero molto senso se ci si dimenticasse di questo principio fondamentale, ricordato da Papa Benedetto XVI: «La migliore catechesi sull’Eucaristia è la stessa Eucaristia ben celebrata» (Sacramentum caritatis, 187). Per questo la Presentazione della CEI (cfr. n. 6) per il Messale rinnovato indica due principi di riferimento, tratti dalla costituzione conciliare Sacrosanctum concilium, che devono sempre presiedere all’arte di celebrare: la fedeltà alla sana tradizione (SC 4) e la nobile semplicità (SC 34).

La fedeltà al testo indica «un vivo senso di obbedienza» che, lungi da sterili formalismi, possa ricordare come la liturgia sia innanzitutto un dono ricevuto, di cui non ci si può appropriare secondo le proprie fantasie: la liturgia eucaristica è infatti opus Dei, cioè un’opera che è di Dio e non nostra. La fedeltà al Messale esprime inoltre l’unità della Chiesa che prega. Il secondo principio ricordato è poi quello della «nobile semplicità» del celebrare. Questo riferimento riguarda certamente la sobrietà delle parole, e cioè la necessità di lasciar spazio, prima che ad ogni altra parola, alla Parola di Dio. Ma riguarda anche un’attenzione nuova all’accordo tra le molteplici «forme di linguaggio previste dalla liturgia: parola e canto, gesti e silenzi, movimento del corpo e colori delle vesti liturgiche. La liturgia, in effetti, possiede per sua natura una varietà di registri di comunicazione che le consentono di mirare al coinvolgimento di tutto l’essere umano» (Sacramentum caritatis, 40). Questa attenzione, dunque, deve riguardare tutti, non solo il sacerdote. L’adozione del nuovo Messale può essere quindi l’occasione per ravvivare una più profonda mistagogia – cioè una più attenta consapevolezza del Mistero che si celebra – affinché tanto il ministro quanto l’assemblea partecipino all’azione liturgica con fede, con amore e con l’attenzione di tutti i loro sensi, corporei e spirituali.

Il “volto” della Chiesa nel Nuovo Messale

Se ci si chiedesse che tipo di Chiesa è stata descritta dal lavoro che ha portato all’edizione del Nuovo Messale, si potrebbe rispondere sinteticamente così: una Chiesa fedele alla Tradizione e nello stesso tempo aperta, inclusiva, ma che soprattutto si senta sempre in cammino. Che cioè sia in movimento per una santa mendicanza, che la porta all’ascolto dell’uomo di oggi, con le sue domande e i suoi linguaggi, ma con una particolare attenzione ad “uscire” incontro ai più bisognosi e lontani. E prima ancora una Chiesa che, per poter vivere la sua missione, sappia di doversi porre di nuovo e umilmente in ascolto del Mistero che celebra, per farne una reale esperienza. Perché solo una Chiesa “che prega” – e cioè che costantemente rinnovi l’esperienza di essere amata dal suo Signore – potrà ancora testimoniare al mondo la forza e la bellezza del Dono di Dio.

 

©Dialoghi Carmelitani, ANNO 22, NUMERO 1, Febbraio 2021