
Il regno dell’umiltà
Se siete stati, almeno una volta, a fare una gita in montagna, sapete che cosa si prova a salire sopra ad un monte: la fatica, le fermate, l’attenzione a non sbagliare i sentieri e, alla fine, la gioia dell’arrivo sulla cima, che ripaga di tutti gli sforzi.
Ed è così che Dante immagina il secondo regno dell’aldilà: il Purgatorio, il luogo pensato da Dio, dove le anime, che si sono pentite, dopo la morte si purificano per gli errori compiuti durante la loro vita e si preparano ad entrare nel Paradiso Terrestre.
Dopo aver attraversato l’Inferno, scendendo sin nelle sue più terribili e buie profondità e venendo a contatto con dannati e terribili punizioni, Dante con il suo maestro Virgilio, attraverso uno stretto passaggio, riemerge dall’oscurità della terra e ai suoi occhi appare la luce nitida di un chiaro mattino, il mare cristallino e un’isola, dove, al centro, sorge il monte del Purgatorio, una montagna che le anime devono risalire.
I nostri due viaggiatori vedono arrivare leggera una nave, guidata da un angelo, che fa sbarcare le anime sulla spiaggia per poi allontanarsi rapidamente. Cantando le preghiere dei salmi in coro, gli spiriti scendono e sono accolti da un guardiano, Catone, che li invita con un certa severità ad affrettarsi per iniziare il loro cammino di penitenza. Come uno stormo di colombe si avviano verso la salita al monte e Dante ed il maestro li seguono. I penitenti salgono girando attorno al monte.
Il cammino e l’avventura dei nostri protagonisti sono molto diversi rispetto alla prima tratta infernale, dominata dalle tenebre, dai lamenti e dalle tremende pene eterne: nel Purgatorio dominano la speranza e il desiderio di giungere a Dio. Le anime si sentono già perdonate e sanno di essere di passaggio: restano, infatti, nei diversi cerchi, per il tempo necessario ad espiare i peccati, che hanno compiuto in vita, ma poi proseguono verso il Paradiso.
Non è un ambiente spaventoso e minaccioso, ma luminoso, anche di notte Dante ammira le stelle, e un luogo dove, benché le anime soffrano per il male fatto in vita e per come i propri errori li abbiano tenuti lontani da Dio, fanno anche esperienza della bellezza naturale, dell’arte, del canto e soprattutto dell’umiltà, la virtù più importante nel Purgatorio
L’altissima montagna ha una larga base che si restringe verso l’alto, arriva fino al cielo ed è suddivisa in sette cornici, dette anche balze. In basso Dante incontra gli spiriti che sono ancora in attesa di salire, perché sono stati pigri o si sono pentiti solo all’ultimo momento, poi iniziano i sette gironi, in ciascuno di essi le anime devono purificarsi da un diverso vizio: superbia, invidia, ira, accidia, avarizia, gola, lussuria.
Virgilio spiega a Dante che tutti questi peccati derivano da un desiderio e un sentimento d’amore orientato e usato male: così i superbi, gli invidiosi e coloro che si fan prendere dall’ira desiderano non il bene ma il male degli altri, gli accidiosi sono coloro che, pur potendolo fare, desiderano ed amano poco Dio, ed infine, coloro che desiderano troppo i beni terreni diventano avari, se si dedicano eccessivamente al denaro ed alle ricchezze, golosi, se adorano solo il cibo, e lussuriosi se vogliono possedere le persone.
All’entrata incontrano l’Angelo guardiano che incide sulla fronte di Dante 7 P, sì… avete capito bene: ognuna di queste lettere indica uno dei peccati e ad ogni cornice un angelo diverso, posto all’entrata del nuovo girone di ascesa al monte, cancella uno dei segni dalla fronte del poeta ed invita ad osservare le scene di umiltà scolpite nel monte.
Anche nel viaggio in Purgatorio Dante incontra molte persone famose, personaggi storici come il re Manfredi, pensatori, poeti ed artisti del passato come il poeta Sordello, persone che ha conosciuto in vita, amici come il cantante Casella che, su richiesta di Dante, intona all’inizio una meravigliosa canzone sull’amore.
E le pene? Già… perchè anche qui vi sono delle pene…
Ed infatti i superbi, i primi spiriti che vengono incontrati da Dante, camminano, salendo con un grosso peso sulle spalle, che li costringe ad abbassarsi, proprio perché in vita si sono messi al di sopra degli altri, gli invidiosi hanno gli occhi cuciti, perché in vita hanno sempre guardato male gli altri, gli iracondi camminano in un denso fumo, simbolo di come l’ira li abbia offuscati. Gli accidiosi, i pigri, corrono senza sosta, gli avari sono distesi e legati, mentre i golosi patiscono la fame e la sete e infine, i lussuriosi, che non si sono saputi trattenere in vita, camminano nel fuoco urlando episodi ed esempi di personaggi che hanno peccato.
Al termine, superate le varie balze, Dante e Virgilio giungono alle soglie del Paradiso terrestre, la cima della montagna del Purgatorio.
È a questo punto che appare Matelda, una donna di straordinaria bellezza sia nell’aspetto che nei gesti, che rappresenta la purezza dell’anima priva dei peccati.
Matelda accompagna Dante nell’ultima parte del suo cammino, prima che il maestro e guida Virgilio, che non può entrare in Paradiso, scompaia per ritornare indietro, nel Limbo, dove Dio lo ha collocato in eterno.
Avanza un corteo con un carro, su cui è portata una donna vestita di rosso con un manto verde in una pioggia di fiori dispersi dalle mani dei suoi accompagnatori: è Beatrice, la donna amata dal poeta, che diverrà sua guida nei cieli, la terza tappa del viaggio.
Ma prima il poeta deve pentirsi! Il ricordo del male fatto e il rimorso lo fanno svenire. Si ritrova nelle acque del fiume Lete, che ha il potere, dopo il pentimento, di far dimenticare i peccati.
Alle sponde di un secondo fiume, l’Eunoè, che permette di ricordare tutto il bene che una persona ha fatto in vita, Dante si abbevera e finalmente si presenta pronto a Beatrice, ora vestita di luce, per poter ascendere ai cieli ed alle stelle… ma questa è un’altra storia.
Illustrazioni Cristina Pietta – Testi Luca Sighel
©Dialoghi Carmelitani, ANNO 21, NUMERO 2, Ottobre 2020