Intervista a Juri Camisasca
(a cura di Ricki Barone)
Incontro Juri Camisasca in una lucente mattina di novembre, io a Brescia e lui alle pendici dell’Etna, dove vive, in provincia di Catania, vicino all’abitazione dove risiedeva Franco Battiato. Franco Battiato è stato suo amico e collaboratore a partire dagli anni ’70, un periodo nel quale la musica, grazie anche ai fermenti del decennio precedente, espresse il massimo della sua creatività. Jimi Hendrix, i Beatles, la PFM, il Banco, gli Area furono tra i gruppi di riferimento per tutti i musicisti dell’epoca. Tra questi c’era anche Juri Camisasca, ragazzo milanese timido, impacciato ma dotato di grande musicalità e di straordinaria passione. Una passione verso la musica ma soprattutto verso la ricerca della verità.

Recuperiamo Juri le tracce del tuo percorso, partendo dagli anni ’70.
Il mio percorso è iniziato tanti anni fa e non si è più fermato. Siamo sempre in cammino, non è un viaggio che si ferma. Come diceva il monaco trappista Thomas Merton, quello de La montagna dalle sette balze, stiamo camminando verso un inizio. Esistono delle aperture extra-terrestri, ma qui il discorso andrebbe su dimensioni molto elevate. In questo percorso ci sono stati dei maestri, come Santa Teresa d’Avila e Sri Aurobindo, il grande mistico-filosofo indiano. Queste figure mi hanno dato delle grandi sensazioni. Santa Teresa d’Avila è stata la prima che mi ha fatto comprendere il cristianesimo, con Santa Teresa mi sono reso conto di avere dentro qualcosa che non mi aveva mai abbandonato, ho ritrovato il Cristo che era presente fin dall’origine in me.
Poi, dopo essere entrato nel mondo musicale dalla porta principale, hai scelto di staccartene per cercare la tua vera dimensione.
È così. Avevo iniziato a lavorare con Franco e a fare il musicista pubblicando i primi album. Ero in una delle etichette più importanti dell’epoca, la Bla Bla, la stessa di Battiato e di gruppi come gli Osage e i Capsicum Red (con Red Canzian che poi andò nei Pooh). Ero prodotto da Pino Massara. Eppure ero insoddisfatto, questo non mi bastava. Ed è stata la vita a venire in mio soccorso, proprio mentre ero alla ricerca della mia vera strada.
Cosa è successo?
Ad un certo punto della mia esistenza ho capito che volevo staccarmi dal mondo in cui ero immerso e ho cominciato a cercare, per trovare me stesso. Io non sapevo nulla del cristianesimo e della religione, avevo pensato persino all’India, volevo andare in India. Poi ho letto Santa Teresa e mi sono detto: è inutile andare in india, è qui che posso trovare ciò che sto cercando. Andavo come a tentoni, andavo in un luogo, poi cercavo un monastero. Guardavo sulle pagine gialle per capire dove andare, ho attraversato l’Italia. Inizialmente volevo diventare certosino. Avevo intenzione di entrare nella Certosa di Farneta. I francescani li avevo scartati perché volevo qualcosa di più austero. Poi ho optato per i benedettini.
Quanti anni hai trascorso in convento?
Sono stato un anno e mezzo nell’Eremo di Fonte Avellana, dai camaldolesi, poi ho fatto 9 anni e mezzo nel Monastero di San Silvestro a Fabriano, dai benedettini. Sono arrivato fino ai voti semplici. Sono uscito perché paradossalmente la vita comunitaria era da ostacolo alla mia ricerca, cercavo la quiete, la solitudine. Poi facevo molta fatica a svegliarmi la mattina prestissimo! Sono sempre stato un tipo solitario, per cui poi sono uscito e ho cominciato il mio percorso “nel mondo ma non del mondo”, recuperando gradualmente anche il rapporto con la musica, anche se in convento comunque si strimpellava… così, per gioco.
Nel tuo percorso hai avuto modo di incontrare anche la mistica carmelitana.
Come ti ho detto Santa Teresa mi ha fatto capire che dovevo riportare alla luce ciò che avevo già dentro. Lei e San Giovanni della Croce, i riformatori dell’Ordine, sono i cardini del Carmelo e sono tra le basi della mia fede. A Santa Teresa Benedetta della Croce (Edith Stein) ho dedicato il brano Il Carmelo di Echt, che mi ha dato molte soddisfazioni. Santa Teresina mi ha fatto scoprire la sua via semplice, lei si è autenticamente immolata per Cristo. Amo moltissimo anche Santa Elisabetta della Trinità, con lei ho anche un’affinità speciale in quanto lei stessa era musicista, ci lega l’attitudine artistica ma anche un certo modo di vivere la preghiera.
Oltre che musicista sei anche un ottimo pittore, le tue icone sono molto apprezzate.
In genere un artista non è solo musicista o pittore o poeta, è artista a tutto tondo. Ci sono molti casi di musicisti che amano dipingere e ottengono buoni risultati anche in quella disciplina. La pittura mi è sempre piaciuta, fin da bambino. Poi crescendo l’avevo abbandonata. È stato in monastero che un monaco ha intuito (senza sapere nulla di me!) che avrei dovuto dipingere. E mi ha proposto di dedicarmi alle icone. Io di icone non sapevo nulla. Sai che dipingere icone non è come dipingere quadri. E così a Fabriano ho trovato una monaca benedettina che mi ha insegnato la tecnica e mi ha introdotto nella dimensione artistica delle icone.
Del tuo rapporto con Franco Battiato cosa ci racconti?
Con Franco ci eravamo conosciuti in Friuli durante il servizio militare, anche se devo dire che lui era quasi sempre assente, era spesso in malattia. Siamo restati sempre amici oltre che collaboratori, siamo stati per molti anni vicini di casa. Avevamo tanti punti di congiunzione artistica, tra noi c’era una sorta di osmosi. Poi non su tutto si era d’accordo, ad esempio lui non era molto convinto della mia scelta di andare in convento. Amo le sue canzoni, anche se naturalmente non tutte sono nelle mie corde. Le canzoni più pop come Bandiera bianca non sono un vestito che potrei indossare. Altri brani invece si, come ad esempio L’ombra della luce che eseguo spesso nei miei concerti.
Attorno alla figura di Franco Battiato si era creato una sorta di laboratorio artistico.
Sì, c’era lui, Alice, Giuni Russo, io, Giusto Pio. Si collaborava, ci si confrontava, sono nate canzoni che abbiamo cantato tutti, come Nomadi e il Il Carmelo di Echt. Ho avuto la fortuna di collaborare con grandi artisti, mi piace molto Alice quando canta Battiato.
A proposito di Nomadi, che personalmente reputo una delle canzoni italiane più belle in assoluto, ci puoi raccontare come è nata?
Sembrerà strano ma è nata in maniera totalmente inaspettata. Ero in monastero. Come ho già detto si suonava per divertimento e un monaco mi propose di scrivere una canzone per la sua professione monastica. Ed è così che in breve scrissi questa canzone, di getto. È uscita un po’ come Yesterday di Paul Mc Cartney, evidentemente era già dentro di me.
Oltre che per la profondità dei testi trovo che anche musicalmente le tue canzoni siano molto belle, riesci ad usare bene l’elettronica, come ad esempio nel disco Arcano Enigma.
È stato Franco Battiato che mi ha proposto di arrangiare in questo modo alcune canzoni che avevo composto, utilizzando l’elettronica. Secondo lui si sarebbero prestate bene. Abbiamo parlato con i Bluvertigo, ragazzi molto simpatici e musicisti eccezionali, che hanno collaborato agli arrangiamenti, ed è uscito questo disco molto carico.
Chiudiamo con CristoGenesi, l’ultimo tuo album.
Il titolo mi è stato ispirato dal teologo gesuita Pierre Teilhard de Chardin , che sosteneva la teoria de “la genesi del Cristo totale”. È un disco nel quale ho voluto rimettere al centro del mio percorso la figura di Cristo. Ci sono alcuni miei brani mescolati ad alcuni canti tradizionali, arrangiati e prodotti con l’aiuto di Carlo Longo. Canti come Emmanuel o gregoriani come O filii et filiae, brani già cantati da interpreti straordinari (Joan Baez, Loreena McKennitt, Enya, Sinead O’ Connor) che ho adattato alla mia sensibilità. Apre il disco Il tutto nel frammento, il cui titolo deriva da una frase del grande teologo Hans Urs von Balthasar, che pubblicò un libro così intitolato. In questo libro il teologo svizzero riconduceva tutto a Cristo e sosteneva che il tutto si incarna in Cristo. Io ho preso questa frase e ho sviluppato la tematica nella convinzione che il tutto si può cogliere anche in un filo d’erba. Un po’ alla maniera di Etty Hillesum, alla quale ho dedicato la canzone Vite silenziose, sempre in questo disco, che dal campo di concentramento sapeva cogliere la bellezza infinita di un fiorellino. Il disco contiene anche Love is the angel, con l’angelo che rappresenta l’amore. Per me l’amore è l’angelo del mondo. Stella caeli, dedicata a Maria Vergine, deriva da una preghiera utilizzata contro le epidemie. L’abbiamo inserita appositamente, perché in questo periodo abbiamo assoluto bisogno della protezione della Vergine.
©Dialoghi Carmelitani, ANNO 23, NUMERO 4, Dicembre 2022