Pensavo: «Spirerò nel mio nido e moltiplicherò i miei giorni come la fenice».
(Giobbe 29, 18)

Nel silenzio del tramonto, mentre il sole accende di rosso il cielo ed i riflessi ambrati ed arancio si distendono sui colli e colorano la punta degli alberi, silenzioso e quasi impercettibile spiega le grandi ali un magnifico uccello dai colori splendenti, incandescenti come il fuoco. Rapido vi passa accanto, lasciando dietro di sé una scia di bruciato e uno strano inconfondibile profumo, che sa di Oriente e di incenso.
Se vi è capitato di vederlo o volete saperne di più… questa storia è per voi!
Si tratta di un mito che si perde nella notte dei tempi più antichi. Questo favoloso uccello è la Fenice.
Molti storici infatti raccontano la sua leggenda, iniziata sulle rive del Nilo nell’Antico Egitto, dove quell’animale esotico veniva chiamato Bennu, che significa splendente. La sua fama si diffuse in regni molto lontani. Gli egiziani lo consideravano un uccello sacro, che rappresentava la più grande forza dell’universo, il dio Ra.
Il suo nome venne tradotto nel greco antico con la parola Foinix, con cui si indica il colore rosso intenso, detto porpora. Ed è da lì che cominciò ad essere chiamato l’uccello di fuoco.
Nell’antica arte della Persia, tra gli altopiani, dove viveva il popolo guerriero degli Assiri, l’uccello era venerato: in molte immagini e sculture, che ancora oggi sono nei musei, lo si vede volare e precedere il potente carro del sovrano.
Pensate, persino in Cina i sapienti e gli studiosi di animali, che avevano elencato ben 360 specie di uccelli, lo conoscevano sin dai tempi più remoti: la Fenice, nata dal Sole e dal fuoco, era considerata una sorta di regina degli uccelli, quasi una divinità ed infatti tutti i volatili la onoravano e quando, al calar del sole, in alcune sere silenziose o al sorgere del sole, si metteva a cantare, un’armonia di cinque note si diffondeva tra le colline e nelle campagne e tutti i galli le facevano eco.
Pochi l’hanno vista ed incontrata nei luoghi naturali, dove vive, ma si sa che si nutre solo dei frutti del bambù e beve solo acqua purissima. Secondo gli antichi libri conservati nelle biblioteche dell’Imperatore della Cina, la Fenice proteggeva le anime dei neonati e la vita nascente. Solo in particolari tempi favorevoli e felici appariva, raramente, a qualche saggio, lasciandosi vedere. Ed è per questo che è stata tramandata la sua immagine sotto varie forme, scolpita, ricamata, dipinta e disegnata ovunque pensando che la sua figura portasse fortuna.
Come raccontò uno dei più grandi storici greci, di nome Erodoto, la Fenice, detta anche Araba Fenice, ha le forme simili ad una grossa aquila con una coda particolarmente allungata come quella del pavone, le sue piume sembrano cambiare colore dal rosso intenso al dorato in cinque colori e ricordano le fiamme infuocate ed il sole. I suoi occhi sono blu come due zaffiri e particolarmente luminosi.
Si racconta che il suo arrivo sia spesso accompagnato dalle nubi tra le quali apre le sue enormi ali con cui è capace di oscurare il sole. É un simbolo della luce e forse anche per questo spesso viene raffigurata mentre lotta contro un serpente, considerato una creatura delle tenebre.
Fu soprattutto nel Medioevo che si diffuse questa sua fama e la sua immagine venne amata e riprodotta.
La Fenice è, secondo la leggenda, la custode delle cose più antiche ed eterne; ce n’è un solo esemplare sulla terra e, ogni 500 anni, quando sente che sta per finire la sua vita, vola nel luogo dove è nata, costruisce un nido con rami di mirra, incenso e cannella, e lì brucia e si consuma. Dal rogo si rigenera e rinasce nuovamente dalle proprie ceneri. Tra la polvere della brace nasce un piccolo uovo,poi un pulcino che in solo 3 giorni diviene un animale adulto che apre le sue ali, raccoglie le ceneri rimaste, intona un canto dalla melodia meravigliosa e malinconica e vola sulla città lì vicino spargendo un profumo di erbe aromatiche ed incenso. Da questo gli abitanti capiscono il suo passaggio.
È divenuta il simbolo della rinascita e anche della risurrezione dalle proprie ceneri. Nei primi secoli i cristiani videro in questa storia e nella Fenice un simbolo di Gesù che muore e risorge dopo tre giorni, vincendo la morte. Ecco perché nei sepolcri, nelle prime tombe cristiane viene posta e raffigurata la fenice come simbolo di Cristo, che ha sconfitto la morte e vivrà per sempre.
In un’antica storiella del popolo ebraico si racconta che nel Paradiso terrestre Adamo ed Eva mangiarono la mela dell’albero della conoscenza del bene e del male e per questo Dio li cacciò dal Paradiso terrestre. Eva diede da mangiare quel frutto anche agli animali del Paradiso, l’unico che lo rifiutò fu la Fenice. Per questo, continua la storiella, gli altri animali sono costretti, oggi, a cercarsi il cibo e poi muoiono, mentre la fenice può non cibarsi per molto tempo e non muore mai, ma risorge dalle proprie ceneri. Dio attraverso un suo angelo ha voluto così premiare la sua obbedienza a Lui. La Fenice diviene segno di Gesù che risorge ed è vivo, anche se non sempre si fa vedere luminoso e forte.
Ma oggi cosa rappresenta la fenice per noi, di cosa è simbolo?
Forse ci suggerisce di non lasciarci abbattere dalle difficoltà, di reagire e di rialzarsi, ci rassicura che c’è sempre la possibilità di ricominciare e di spiccare un nuovo volo. Certo vi saranno venti impetuosi e contrari e tempeste con tuoni e fulmini, ma possiamo riprendere a camminare e a vivere anche grazie agli amici ed alle persone che ci vogliono bene.
Mettetevi quindi in ascolto, nelle sere tranquille d’estate, e affinate il naso per sentire il profumo della Fenice o magari percepire il leggero e possente battere delle sue ali… allora una musica, un’armonia vi incanterà… sarà la voce della Fenice.
Illustrazioni Cristina Pietta – Testi Luca Sighel
©Dialoghi Carmelitani, ANNO 22, NUMERO 3, Giugno 2021