(di Antonio Bellingreri)

Tutte le grandi tradizioni sapienziali dell’umanità, religiose e filosofiche, parlano dell’amicizia come di una grande ricchezza, un tesoro per la nostra vita che ci porta consolazione e pace, soprattutto nei momenti di prova dell’esistenza. Sappiamo del resto che non abbiamo bisogno di ricorrere a citazioni di autori o di testi per confermare questa convinzione, nella nostra esperienza personale essa appare come una verità che s’impone senz’altro. Cerchiamo allora di capire, riflettendo soprattutto sulle nostre esperienze positive di amicizia, vissute in prima persona, quale possa essere questa ricchezza che la rende bene essenziale, senz’altro preferibile rispetto ad altri.

Una parentela elettiva

È interessante notare come prima cosa che abbiamo coscienza di aver trovato un amico quando scopriamo di vivere una particolare forma di simpatia per qualcuno. Non si tratta solo di una forma di attrazione verso un’altra persona, si tratta soprattutto della percezione di riuscire a sintonizzarsi con la persona incontrata e che noi sentiamo da subito amica, mettendoci sulla stessa lunghezza d’onda immediatamente, ossia senza difficoltà e piacevolmente. A ben vedere, la nostra attrazione verso l’altro nasce proprio dal trovare che abbiamo emozioni, pensieri o motivazione che in qualche modo sono gli stessi, nella nostra e nella vita dell’altro. Per tale ragione forse questa simpatia si potrebbe chiamare, con un termine ancora più pertinente, unipatia, che significa prendere atto di avere uno stesso sentire.

È un’esperienza che cambia di segno il nostro rapporto con chi ci sta accanto: chi, ad una prima impressione ci appariva estraneo, ora invece è sentito prossimo; anzi, noi scopriamo che egli in qualche modo è uguale a noi, pur essendo un altro. Troviamo qualcosa di simile a quello che ci è dato di vivere coi nostri fratelli o con le nostre sorelle, di fronte ai quali sempre abbiamo la sensazione che sia una copia o una replica di noi stessi; anche se sappiamo che in realtà sono diversi, a volte anche diversissimi, pertanto veramente altri rispetto a noi.

Il paragone può reggere, ma a condizione di fare una importante sottolineatura: l’amico può essere percepito e chiamato fratello, ma in realtà è il fratello che noi non abbiamo avuto in sorte per così dire: piuttosto è il fratello che noi abbiamo scelto e scegliamo di avere. Quest’ultimo tratto è discriminante perché la simpatia iniziale o unipatia, come ho preferito chiamarla, è una simpatia che è segnata dalla libertà, da un gesto di elezione o da una qualche predilezione verso l’altro.

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Una parentela elettiva

 

È interessante notare come prima cosa che abbiamo coscienza di aver trovato un amico quando scopriamo di vivere una particolare forma di simpatia per qualcuno. Non si tratta solo di una forma di attrazione verso un’altra persona, si tratta soprattutto della percezione di riuscire a sintonizzarsi con la persona incontrata e che noi sentiamo da subito amica, mettendoci sulla stessa lunghezza d’onda immediatamente, ossia senza difficoltà e piacevolmente. A ben vedere, la nostra attrazione verso l’altro nasce proprio dal trovare che abbiamo emozioni, pensieri o motivazione che in qualche modo sono gli stessi, nella nostra e nella vita dell’altro. Per tale ragione forse questa simpatia si potrebbe chiamare, con un termine ancora più pertinente, unipatia, che significa prendere atto di avere uno stesso sentire.

È un’esperienza che cambia di segno il nostro rapporto con chi ci sta accanto: chi, ad una prima impressione ci appariva estraneo, ora invece è sentito prossimo; anzi, noi scopriamo che egli in qualche modo è uguale a noi, pur essendo un altro. Troviamo qualcosa di simile a quello che ci è dato di vivere coi nostri fratelli o con le nostre sorelle, di fronte ai quali sempre abbiamo la sensazione che sia una copia o una replica di noi stessi; anche se sappiamo che in realtà sono diversi, a volte anche diversissimi, pertanto veramente altri rispetto a noi.

Il paragone può reggere, ma a condizione di fare una importante sottolineatura: l’amico può essere percepito e chiamato fratello, ma in realtà è il fratello che noi non abbiamo avuto in sorte per così dire: piuttosto è il fratello che noi abbiamo scelto e scegliamo di avere. Quest’ultimo tratto è discriminante perché la simpatia iniziale o unipatia, come ho preferito chiamarla, è una simpatia che è segnata dalla libertà, da un gesto di elezione o da una qualche predilezione verso l’altro.

 

©Dialoghi Carmelitani, ANNO 18, NUMERO 2, Giugno 2017