(di Pino Chiovaro)

 

«Chi nel cammino della vita ha acceso anche soltanto una fiaccola nell’ora buia di qualcuno non è vissuto invano»

Madre Teresa di Calcutta

Centro Caritas Don Orione di Palermo

Qual è il modo migliore di santificare il Giorno del Signore se non prendersi cura di qualcuno facendo sì che Lui possa essere vivo per nostro tramite? Noi dell’Associazione Il Giardino , opera del Movimento Ecclesiale Carmelitano, ci siamo posti questa domanda e puntualmente riceviamo una risposta concreta quando una domenica al mese andiamo al Centro Caritas Don Orione di Palermo a donare un pasto a circa ottanta fratelli meno fortunati di noi.

Prima di questa esperienza, quando vedevo le fi le d’indigenti alle mense dei poveri, non potevo minimamente immaginare come quell’appuntamento fi sso potesse diventare una missione verso l’altro, direi quasi un bisogno di cui non puoi fare a meno! Ed effettivamente le storie e gli sguardi che si incontrano hanno un comune denominatore: il bisogno!

Per i poveri la necessità del pasto quotidiano, per i volontari quella di donare se stessi e Cristo Gesù. Così l’entusiasmo si è propagato: in un anno, tra cucina e sala, si sono alternati sino a cinquanta volontari, tra studenti, universitari e adulti, ognuno con immensa voglia di fare e con un arricchimento che non ha eguali. E ci sono sempre più persone che ci chiedono di poter venire a dare una mano, al punto che siamo costretti a dover fare dei turni di lavoro! Insomma, è proprio vero: la bellezza contagia!

Quando varchiamo la soglia della mensa, lasciamo un mondo di benessere in cui possiamo credere di avere tutto. Eppure, quella domenica al mese scegliamo di andare ad abbracciare la povertà di anziani, bambini, extracomunitari scampati alla guerra e attraccati sulla nostra Isola per miracolo, intere famiglie in cui i genitori hanno perso il lavoro e non arrivano alla fine del mese, di fare e con un arricchimento che non ha eguali. E ci sono sempre più persone che ci chiedono di poter venire a dare una mano, al punto che siamo costretti a dover fare dei turni di lavoro! Insomma, è proprio vero: la bellezza contagia!

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Quando varchiamo la soglia della mensa, lasciamo un mondo di benessere in cui possiamo credere di avere tutto. Eppure, quella domenica al mese scegliamo di andare ad abbracciare la povertà di anziani, bambini, extracomunitari scampati alla guerra e attraccati sulla nostra Isola per miracolo, intere famiglie in cui i genitori hanno perso il lavoro e non arrivano alla fine del mese, possano mai servire queste grosse quantità, così spieghiamo loro la nostra caritativa e mostriamo qualche foto, cercando di trasmettere con il nostro entusiasmo la bellezza di questa esperienza; ed è allora che, rotto il muro dell’indifferenza, scatta in alcuni l’istinto missionario: danno in omaggio pasta, carne e quant’altro sia nelle loro possibilità. L’anno scorso persino una banca ci ha fatto una cospicua donazione!

Poi arriva la domenica mattina, appuntamento alle ore 8.30 e via, verso il Centro Caritas, dove la cucina ci aspetta. Iniziamo sempre con una preghiera, affidando la nostra giornata al buon Dio e poi organizziamo i vari compiti.

Uno dei tanti punti di forza del nostro servizio è che non ci sono gerarchie legate all’età: cinquantenni pelano cipolle e tagliano patate insieme a ventenni che puliscono pentole insieme alle madri di famiglia. Lavoriamo tutti fianco a fianco ad un ritmo serrato. Le patate da pelare e tagliare non sono mai meno di 20 kg; le cipolle, che di lacrime ne fanno versare tante, sono sempre almeno 10 kg e poi in base al menù del giorno c’è sempre tanto da fare!

Alle undici e trenta arrivano i ragazzi del servizio in sala, che puliscono e apparecchiano i tavoli, predisponendo i posti a sedere creando un’atmosfera familiare, perché è anche quello che cerchiamo di dare: il senso della famiglia e della casa che per molti di loro non esiste.

Alle dodici pausa: è l’ora dell’Angelus, così da ricordarci cosa stiamo facendo e per Chi. Poi tutti alle rispettive mansioni.

Verso le 12.45 alla spicciolata arrivano gli ospiti della mensa. Così, dopo che questi hanno apposto la firma nella lista Caritas, preghiamo tutti insieme e ringraziamo il buon Dio per il cibo che ci dona.

Il pentolone con 12 kg di pasta è croce e delizia! Si scola e condisce in tempi rapidissimi: la quantità lo esige! Le porzioni sono sempre abbondanti per tutti e nonostante ciò, c’è sempre chi chiede il bis che non gli è negato, anzi! Alcuni ospiti portano con sé anche dei contenitori, così da poter condividere a casa, con le loro famiglie, il pasto che abbiamo cercato di garantir loro in mensa.

Al termine del pranzo, dopo aver pulito stoviglie e sala e dopo aver bevuto insieme il caffè, ci riposiamo un po’ chiacchierando fuori dalla mensa al sole. Dopo una giornata esposti al caldo dei fornelli, tra cucinare chili e chili di cibo, lavare innumerevoli pentoloni e padelle, preparare la sala e servire grandi tavolate, la stanchezza si fa sentire. Ma la gioia dello stare insieme arricchisce, ti stimola a fare sempre più e sempre meglio! Infine andiamo tutti via insieme, volontari e commensali.

Qualcuno va via quasi subito, mestamente, senza guardare o tantomeno ringraziare, come per vergogna o pudore; qualcun’altro ringrazia e si complimenta per la bontà del cibo, s’intrattiene a raccontarci la sua vita. Storie dai contorni diversi ma con tanto dolore e tristezza che ci fa rendere conto di quanto spesso sia più utile ascoltare e avere una parola di conforto, piuttosto che dare materialmente il pasto.

I commenti a fi ne servizio sembrano surreali, perché quasi come fossimo finalmente usciti dal torpore della quotidianità, ci accorgiamo di quanta miseria ci sia per le strade, di quanto sia difficile andare avanti senza un lavoro, di quanto sia dura prendersi cura di chi si ama quando si crede di non avere i mezzi per farlo, insomma di quanto sia fragile l’essere umano! Ma noi abbiamo scelto di prenderci cura di questa fragilità, di amarla, di custodirla in questi piccoli e semplici gesti e poi di portarla a casa, nelle nostre famiglie. Non come monito, ma come un dono prezioso di persone che in fondo non sono più povere di noi.

TESTIMONIANZA DI SARA A.

«Guardiamo a Te che sei Maestro e Signore: chinato a terra stai, ci mostri che l’amore è cingersi il grembiule, sapersi inginocchiare, ci insegni che amare è servire» (dal canto Servire è regnare , Gen Verde)

Come recitano i versi del canto, servire è la forma di amore più pura che esista, la più alta ed anche la più bella. Grazie alla caritativa presso la mensa del Don Orione di Palermo, anche noi universitari abbiamo avuto la possibilità di sperimentare la bellezza di questo amore. Servire signifi ca donarsi pienamente agli altri e imparare ad amare come Gesù. Le nostre domeniche di missione iniziano sempre con una preghiera. Recitarla insieme ci ricorda che la Persona per la quale siamo lì è Gesù e che, attraverso le nostre mani e il nostro lavoro, dobbiamo essere un prolungamento del Suo amore infinito. Dopo ci mettiamo subito all’opera, annodiamo i grembiuli, impugniamo gli arnesi e indossiamo il sorriso più sincero e bello che abbiamo. Lavorare insieme è davvero molto divertente. La cucina è sempre colorata di allegria ed entusiasmo e questo ci aiuta a non avvertire la stanchezza. Quando abbiamo quasi finito di preparare i pasti, apriamo le porte del salone e le persone iniziano a entrare. Sulla porta della mensa c’è scritto, come diceva Don Orione, «Non si chiederà a un uomo che entra se ha un nome, una religione, ma solamente se ha un dolore». La mensa accoglie chiunque abbia bisogno di cibo, di sorrisi e calore. La parte più bella della caritativa è sicuramente vedere i nostri fratelli bisognosi mangiare con gusto e sorridere. Sentire le loro parole di gratitudine ci riempie il cuore. Una domenica ci hanno anche regalato un bigliettino in cui ci ringraziavano; un momento che mai dimenticherò. Pensare che quelle persone, piene di dolore e prive di tutto, abbiano pensato a un dono per noi mi ha commosso. L’esperienza della caritativa è per me meravigliosa e molto importante. Vedo il volto di Gesù in ogni persona che siede attorno ai lunghi tavoli della mensa. Torno a casa stanca, ma con l’anima piena e questo mi permette di sentirmi utile nel mio piccolo.

TESTIMONIANZA DI ROBERTA C.

Circa una domenica al mese, noi, giovani studenti del Movimento Ecclesiale Carmelitano, ci rechiamo alla mensa dell’oratorio Don Orione di Palermo per svolgere la nostra attività di caritativa. Quello che ci è chiesto di fare è provvedere alla sistemazione della mensa in vista del pranzo, servire ai tavoli e, una volta terminato il pasto, mettere nuovamente in ordine la sala. Apparentemente sembra essere un “compito” abbastanza noioso e stancante. In realtà, la fatica e la stanchezza svaniscono ogni qualvolta si è ringraziati per quello che si fa. Sono quelle semplici parole, o anche un sorriso, a dare la forza di continuare e la voglia di tornare la volta successiva. Ecco che la semplicità di un gesto si trasforma in qualcosa di grande. Questi momenti, inoltre, danno l’occasione, soprattutto a noi ragazzi, di conoscerci ancora di più e, così, di fondare amicizie vere, in Cristo; ed anche di relazionarci con altri gruppi della stessa comunità e condividere con loro momenti insieme. Per la prima volta sono venuta a contatto con una realtà diversa: da un lato persone che fanno un uso eccessivo del cibo, non trovando un “limite”; dall’altro lato persone per le quali mangiare è un bisogno di primaria importanza e il cui desiderio è quello di avere qualcosa da mettere sotto i denti. Molte volte la domenica avremmo il desiderio di fare altro (uscire con gli amici, andare al mare…). «Ma noi vogliamo essere bravi ragazzi, o, al contrario, aspirare a diventare santi?».

 

©Dialoghi Carmelitani, ANNO 18, NUMERO 2, Giugno 2017