Intervista a Monsignor Marco Frisina

 

(a cura di Marco Colombo)

 

La Lettonia è di certo una cornice insolita per incontrare un famoso monsignore italiano, anche se qui di certo lui non è uno sconosciuto. Non sono infatti anonime le musiche che ha composto e che qui, come in migliaia di altre chiese in tutto il mondo, risuonano da decenni. I componimenti di Marco Frisina sono infatti dei classici riconosciuti, amati ed eseguiti ad ogni latitudine. Più di cinquecento tra brani liturgici ed oratori, molti dei quali avremo cantato chissà quante volte alla Messa della domenica, a volte senza nemmeno sapere che lui ne fosse l’autore. Nei cori del nostro Movimento, invece, si sa bene che i pezzi di Frisina sono dei capisaldi, nelle celebrazioni eucaristiche, così come nei concerti natalizi, colonna sonora degli Esercizi Spirituali e dei Ritratti di Santi. Abbiamo avuto modo di incontrare Mons. Frisina in maniera privilegiata e personale, grazie a Rita e Liliane, oblate del Movimento Pro Sanctitate, che sono riuscite a far accadere questo piccolo tour del Paese baltico, e che si è rivelato una testimonianza bella, forte e preziosa per tutta la Chiesa lettone.

 

 

Qual è stata la prima vocazione, quella musicale o quella sacerdotale?

Venne prima cronologicamente la vocazione per la musica, e dopo entrai in seminario proprio l’anno in cui concludevo gli studi musicali, ma le due vocazioni si sono intrecciate fino a diventare ormai una sola cosa. Quindi non saprei dire adesso che cosa c’era prima o dopo.

La sua musica liturgica è a volte potente e piena di giubilo, a volte dolce e introspettiva ma le parole sono sempre preghiera e le note abbracciano lo spirito portandolo in alto… Da dove trae la sua ispirazione (un testo, un incontro, un’immagine, una preghiera…)?

La liturgia è piena di musica, la Chiesa ha sempre voluto che ci fosse spazio per il canto liturgico, proprio perché la musica riesce ad orientare il cuore di chi prega verso le cose alte di Dio. Proprio il canto dei testi biblici, come avviene nella tradizione della musica liturgica, diventa qualcosa di più forte, di molto più grande. Il dovere e il diritto dell’assemblea di partecipare a questa lode di Dio nella liturgia è una di quelle cose che il Concilio ha ribadito con forza. Proprio perché la preghiera della Chiesa è la preghiera di tutta la Chiesa, ed è preghiera in canto perché lode d’amore allo Sposo. Io nella mia specializzazione ho fatto il biblico, sono licenziato in Sacra Scrittura. L’ispirazione mi viene innanzitutto dalla Parola di Dio, e poi dai testi dei Santi e della liturgia; se scrivo dei testi originali mi ispiro sempre a questa grande tradizione spirituale della Chiesa, perché è quella che più di tutte ci dà gli argomenti della preghiera. Quindi quasi sempre la Parola di Dio, e poi mi piace trovare delle preghiere dei Santi, o le preghiere liturgiche che sono anche più adatte per un concreto momento o una concreta occasione.

Trovare le note “giuste” per la musica certe volte è molto facile, a volte è più difficile, ma dipende da noi stessi: perché la difficoltà è quella di rendere in modo più efficace possibile il contenuto di un testo, o di un sentimento spirituale. Per esempio, per alcuni testi c’è bisogno di un’attenzione maggiore, perché sono testi che devono diventare comprensibili nella loro profondità, anche attraverso la musica. Altre volte la preparazione di una melodia ha bisogno di tempo perché deve maturare dentro la testa, e poi esce fuori all’improvviso.

Come influisce la musica tradizionale classica, anche non religiosa, sulla sua composizione e, viceversa, qual è il suo giudizio sulla musica liturgica contemporanea?

Il canto gregoriano rimane — per usare i termini dei documenti della Chiesa — un canto tipico, perché è il canto che sta nella tradizione del primo millennio cristiano. È evidente che il gregoriano è un modello a cui si ispirano tutte le altre musiche degli altri tempi. E corrisponde un po’ alla patristica nella teologia, e in questo senso ha un valore forte perché sono le nostre radici. Questo non significa che non debba continuare ad esserci musica nuova che interpreta i tempi di oggi, sempre alla scuola della grande tradizione cristiana. Così come il latino prese il posto del greco e il greco prese il posto dell’aramaico, la liturgia continua a vivere la sua vita.

Possiamo dire che c’è una musica collegata al Concilio Vaticano II?

Certo, i documenti del Concilio e i documenti di applicazione sono molto chiari, anche gli ultimi documenti del magistero vedono appunto nella continuità con la tradizione della Chiesa il rinnovamento conciliare. Anche Papa Francesco ultimamente parlava di una irreversibilità della riforma liturgica del Concilio. E credo che bisogna far nostro quello che dice il Vangelo — l’uomo saggio tira fuori dal forziere cose nuove e cose antiche, proprio perché la ricchezza del passato non soffochi il presente, e il presente non dimentichi il passato.

Cantare in un coro è un’esperienza privilegiata perché la propria voce si accompagna armoniosamente ad altre voci, la propria preghiera ad altri cuori oranti, e ciò che da soli non sapremmo esprimere fluisce nel canto facendo esperimentare istanti di comunione. Nel suo lavoro di composizione, come immagina questo “intero” prima ancora che la musica sia eseguita e che sia affidata poi a ciascuna voce la sua parte?

Cantare in coro è sempre una grande esperienza, perché la capacità del singolo che a volte può essere scarsa, o può essere eccezionale, diventa, insieme agli altri qualcosa di più grande. E poi la polifonia, ovvero il cantare a più voci, mostra un’immagine bellissima anche della Chiesa, fatta di persone diverse, che si uniscono insieme per fare un’unica melodia; e questa realtà, che stupisce sempre ascoltando un brano polifonico è una delle suggestioni più belle della musica liturgica. E quando si scrive si deve pensare a ciascuna voce, e non solo ad un’unica voce, ma ad un insieme, quindi si deve fare questo lavoro in cui ogni voce deve far parte di un’altra grande musica.

Come realizzare un effettivo coinvolgimento dell’assemblea allo svolgimento della liturgia eucaristica, anche grazie all’apporto canoro e musicale?

Nella Chiesa di oggi ci sono due tendenze, lo vedo bene dall’Italia: aumentano i cori nelle parrocchie, però stenta ancora a partire la partecipazione dell’assemblea. Secondo me la ragione è la mancanza di un animatore, perché il direttore di coro si dedica al coro e basta e dimentica l’assemblea. Bisogna quindi che si cresca in questa maniera, gradualmente, e si riesca a capire che coro e assemblea sono, in una loro dinamica, uniti.

Tutto il popolo di Dio presente alla celebrazione eucaristica è coro, ed è fatto di persone diverse, di intonati e di stonati; il primo coro, che può essere ad esempio il coro della parrocchia, è la parte dell’assemblea formata da quelli che cantano meglio. Il coro non è una cosa diversa dall’assemblea, ma ha un dovere nei confronti dell’assemblea, perché ha un dono che il resto dell’assemblea non ha, ed è il dovere di animarla, di aiutarla nel canto, di eseguire parti più difficili che l’assemblea non può eseguire. Ed è proprio in questo dialogo che appare la Chiesa.

Il celebrante, l’assemblea, il coro, il solista, il salmista, l’organista sono tutti impegnati per dare alla liturgia la bellezza per la gloria di Dio. È necessario che ci sia in ogni comunità qualcuno che dirige tutto questo, perché possa essere ordinato e disciplinato, e possa anche animare l’assemblea. Animare significa dare alla gente la voglia di cantare; per fare questo l’animatore deve avere formazione liturgica, musicale, e anche faccia tosta, perché uno deve avere il coraggio di stare davanti a tanta gente e smuoverla.

Quanto conosce il carisma carmelitano e quali sono i lavori da Lei realizzati a partire dai testi dei nostri Santi?

Io ho scritto diversi canti ispirati alla spiritualità carmelitana, come Fiamma viva d’amore sul testo di Giovanni della Croce, o Nada te turbe su testo di Teresa d’Avila. Poi ne ho fatti altri ispirati ai testi, anche Benché sia notte sul testo di Giovanni della Croce. Io amo molto la spiritualità carmelitana, l’ho conosciuta proprio attraverso i tre grandi, Teresa, Giovanni della Croce e Teresa di Lisieux. Ultimamente ho musicato anche in francese la Preghiera al Volto Santo di Teresa di Lisieux.

Si tratta di testi di grande intensità, tutti imperniati sull’amore a Cristo, e all’amore a Cristo Crocifisso, che poi era la spiritualità che Teresa e Giovanni della Croce hanno insegnato e sistematizzato. E quindi credo che in futuro può darsi che ne farò altri, perché il Carmelo di Avila mi aveva chiesto di musicare un testo che ancora non ho musicato, e anche le suore dell’Encarnación, cioè proprio del monastero di Teresa: loro cantano i miei canti in maniera meravigliosa, perché è una bella comunità, e quindi mi fa sempre piacere avvicinarmi ai testi carmelitani. Ho fatto svariati oratori sui Santi, volevo farne uno su Teresa di Lisieux, ma poi non l’ho più fatto. Però è rimasta l’idea, mi piacerebbe farlo. Vorrei farlo su uno dei tre grandi Santi carmelitani ma, vediamo, capiterà l’occasione sicuramente.

 

©Dialoghi Carmelitani, ANNO 19, NUMERO 3, Settembre 2018

 

Monsignor Marco Frisina è nato a Roma nel 1954. Dopo gli studi classici si è diplomato in composizione al Conservatorio di Santa Cecilia. Ha compiuto gli studi teologici presso la Pontificia Università Gregoriana conseguendo poi la licenza in Sacra Scrittura al Pontificio Istituto Biblico. Ordinato sacerdote nel 1982, svolge il suo ministero nella Diocesi di Roma. Attualmente è Consultore del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione e Rettore della Basilica di Santa Cecilia in Trastevere. Autore di numerosi canti liturgici conosciuti ed apprezzati in Italia e all’estero, nel 1984 ha fondato — e da allora dirige — il Coro della Diocesi di Roma, con il quale anima le più importanti liturgie diocesane, alcune delle quali presiedute dal Santo Padre. Dal 1985 è anche Maestro Direttore della Pontificia Cappella Musicale Lateranense.

Nel 1991 ha avuto inizio la sua collaborazione al progetto internazionale della Rai Bibbia sia come consulente biblista che autore delle musiche dei film prodotti. Oltre al Progetto Bibbia, negli anni ha composto le colonne sonore di molti film a tema storico e religioso. La sua produzione musicale conta oltre trenta Oratori Sacri ispirati a personaggi biblici o alla vita di grandi santi. È stato promotore e coordinatore del Primo Convegno delle Corali Italiane, svoltosi a Roma nel settembre 2014, e del Giubileo delle Corali nell’ottobre 2016, che ha visto la partecipazione di oltre 8000 cantori provenienti da tutto il mondo. Dal 2015 è Direttore Artistico del Concerto con i Poveri e per i Poveri che si tiene in Aula Paolo VI. Da anni porta questa sua esperienza di sacerdote, musicista e docente in molte Diocesi italiane ed estere.
Per maggiori informazioni: www.marcofrisina.com