Martire per la Verità

 

 

Chi si recasse oggi a Oegeklooster, un nome quasi impronunciabile, ci troverebbe, in mezzo alle coltivazioni, un mulino, lungo un placido e largo canale: una di quelle tipiche grandi costruzioni presenti in queste zone, con le sue pale che al soffio del vento si muovono in modo continuo e silenzioso e che, da lontano, sembrano dei guardiani che scrutano e controllano il paesaggio piatto che arriva al mare.

Carmelino - Padre Tito - disegni Cristina PiettaProprio qui, tra queste campagne vicine alla piccola città di Bolsward (Paesi Bassi), nacque nel 1881, in una fattoria sperduta in mezzo ad immensi campi coltivati, Anno Brandsma, figlio del padre Tito e della madre Tjitsje. La sua infanzia trascorse felice insieme ai cinque fratelli, tra la famiglia, la scuola, dove Anno si innamorò della lettura, e la fattoria che lui amava perché adorava stare con gli animali per curarli, vederli crescere e trascorrere del tempo insieme a loro. 

Anno era spesso malato, così fragile e piccolo che in casa lo chiamavano “il punto”. Gli animali della fattoria, cani, gatti, mucche, galline, oche, furono per lui gli amici dell’infanzia che spesso gli facevano compagnia, senza chiedere nulla. Amava la loro docilità e il legame che, scoprì, si poteva creare con loro.

In famiglia i genitori trasmisero ai figli la fede in Dio e la gratitudine per le meraviglie del creato, in particolare l’amore per il dono della natura in tutte le sue forme. Anno, sin da piccolo, era affascinato dalla storia e dalla figura di S. Francesco, al punto che, non appena gli fu possibile, finite le scuole, che aveva frequentato proprio dai Francescani, chiese di seguire la via del santo di Assisi e di poter entrare nel convento.

Purtroppo, a causa delle sue condizioni di salute, non gli fu permesso di farsi francescano, per le dure condizioni di vita che avrebbe dovuto vivere seguendo quella regola; dopo qualche tempo si rivolse ai Carmelitani che lo accolsero con gioia. Per onorare suo padre, volle prendere, da religioso, il suo nome: così da quel giorno in poi fu fra Tito Brandsma.

Tito si fece subito notare per la sua allegria e la sua docile e paziente personalità, ma soprattutto per le sue capacità di riflessione e di scrittura. Pubblicò presto un libro su S. Teresa d’Avila e si impegnò molto in tutte le discipline e soprattutto nello studio del pensiero, della storia e della letteratura. Fu questa sua passione e dedizione che spinse i suoi superiori ad inviarlo a Roma per frequentare l’Università Gregoriana.

Nel frattempo proseguì la collaborazione con alcuni giornali e riviste olandesi, per i quali scriveva da tempo articoli su molti temi a cui era interessato. Quando rientrò in Olanda iniziò ad insegnare, fondò una rivista intitolata Rose del Carmelo e continuò la sua attività di giornalista con varie riviste. Era un ottimo insegnante e ben presto fu chiamato ad insegnare presso l’università di Nimega, di cui divenne, poco tempo dopo, il direttore.

Padre Tito era molto conosciuto e molto apprezzato per la sua grande capacità di parlare e scrivere ma, soprattutto, sapeva molto ascoltare: era bello e sempre interessante dialogare o discutere con lui. Infatti veniva cercato da molti studenti e invitato in molte città dell’Olanda e di altri paesi europei. 

La sua passione per la parola, per le notizie e per i giornali si fondava sull’amore che P. Tito aveva per la Verità e la Bellezza. Con la Verità diceva dobbiamo fare i conti sempre, in tutti gli istanti della giornata: bisogna essere veri e parlare chiaro, per questo è venuto Gesù… per la Verità e Lui ha parlato chiaro.

Era solito affermare poi che il mondo e la realtà, anche nei dettagli più minuscoli o nei momenti difficili, nascondono una bellezza che dobbiamo imparare a scoprire: si tratta di Dio che un po’ si nasconde. E spesso faceva esempi presi da quel mondo degli animali che lui, sin da piccolo, amava e conosceva bene, perché essi affermava stimolano la nostra sensibilità e sono «la scuola di Dio per imparare ad amare gli altri». Scrisse persino un testo dedicato all’amore degli animali.

Ma quel che conquistava tutti era la sua inesauribile disponibilità e generosità nei confronti degli altri, perché era sempre pronto ad aiutare chiunque avesse bisogno. Erano, però, anni molto difficili e in Europa si stava diffondendo il Nazismo di Adolf Hitler. P. Tito si scagliò con vari articoli in modo molto duro contro quelle idee, che lui riteneva anti-umane. La sua voce e le sue parole si fecero più intense quando Hitler andò al potere, e i suoi discorsi ed interventi cominciavano a dare molto fastidio, tanto che i nazisti lo chiamavano “il piccolo frate pericoloso”. Non pochi suoi amici gli consigliarono di stare attento, perché era lui in pericolo e veniva spiato e controllato dalla polizia segreta, ma Tito ribatteva che la Verità non è mai un pericolo.

Nel 1939 scoppiò la guerra e P. Tito, invece di farsi intimorire o di rinunciare, fu ancora più chiaro e forte nella sua denuncia del male e del conflitto e intensificò il suo lavoro. Ritornato da un viaggio, un pomeriggio, mentre faceva ritorno al convento, dopo la sua consueta lezione in università, fu arrestato dai soldati tedeschi, che avevano invaso l’Olanda e la sua città. Portato davanti alla polizia segreta delle SS, venne interrogato sulla sua attività e sui motivi della sua opposizione al nazismo. Padre Tito non fece alcun passo indietro e in modo come al solito tranquillo ma diretto, spiegò le sue idee. 

Venne per questo imprigionato ed in carcere decise di usare il tempo per scrivere, ma siccome non gli davano la carta, utilizzò l’unico libro che gli avevano lasciato, scrivendo tra le righe: una vita di Santa Teresa d’Avila e un diario, intitolato La mia cella. Creò anche varie preghiere, che recitava in ginocchio nella sua cella, ma la sua preferita era Adoro te devotamente, che ripeteva tutte le volte che veniva interrogato, picchiato o vedeva qualche episodio di violenza.

Dalla prigione, P. Tito prima venne portato in un campo di lavoro in condizioni durissime, poi venne caricato a bordo di un carro bestiame con molti altri prigionieri fino al campo di concentramento di Dachau dove, ammalatosi, venne ucciso. 

Prima di morire regalò all’infermiera il suo Rosario, fabbricato per lui da un altro prigioniero. La donna gli disse di non saper pregare e Tito le rispose che per farlo le sarebbe bastato dire “Ave Maria, prega per noi peccatori”. Quelle ultime parole di quell’uomo gentile le lasciarono un segno così profondo che, anni dopo, si convertì. Per tutta la sua vita, Tito aveva instancabilmente amato la Verità e testimoniato con coraggio la sua fede, giorno dopo giorno… un po’ come quel mulino c

he nel paese dal nome impronunciabile non smette, mai, di far girare le sue grandi pale al vento che viene dal mare.

Padre Tito Brandsma è stato proclamato Santo da Papa Francesco nel 2022.

Ecco l’inizio di una delle sue preghiere con cui ogni giorno si affidava a Dio:

«Quando ti guardo, Gesù, comprendo che Tu mi ami

come il più caro degli amici.

E sento di amarti come il mio bene più grande».

 

Illustrazioni Cristina Pietta – Testi Luca Sighel

©Dialoghi Carmelitani, ANNO 24, NUMERO 3, Ottobre 2023