Nella terra di Gesù per i 25 anni del MEC

 

(Testimonianza di Tiziano Salata)

Ci sono luoghi stupendi che nella vita ti capita di visitare — città, chiese, musei, paesaggi — ma spesso, tornato a casa, pian piano i ricordi svaniscono e solo alcune fotografie ti permettono di richiamare alla memoria quei momenti. C’è un luogo, invece, che, anche senza fotografie, almeno una volta alla settimana, durante la Santa Messa, ti capita di rivedere sentendo raccontare ciò che hai potuto guardare con i tuoi  occhi e che è rimasto impresso nel tuo cuore: è la Terra Santa.

Per me è stata una vera grazia aver potuto partecipare al pellegrinaggio in Terra Santa che il Movimento ha proposto nell’occasione della ricorrenza del 25° anno dalla sua nascita.

Poiché è impossibile ricordare tutte le parole che ci sono state dette in quei sette giorni, vorrei raccontare alcuni momenti che ho vissuto con più intensità.

28 Dicembre 2018: dopo una giornata di viaggio arriviamo a Nazareth, prima tappa del nostro pellegrinaggio. La sera è prevista la recita del rosario nella Basilica dell’Annunciazione. Siamo alloggiati a due passi, la stanchezza si fa sentire, ma non si può rinunciare. Un fiume di persone riempie la Basilica e il rosario viene recitato in più lingue. Al termine in processione scendiamo nella Basilica inferiore e finalmente possiamo vedere e passare proprio davanti al luogo in cui l’Angelo Gabriele portò l’annuncio a Maria. Le affidiamo i nostri figli affinché li custodisca e li protegga come Lei ha saputo fare con Gesù.

29 Dicembre 2018: arriviamo in pullman fino ai piedi del Monte Tabor. Lì saliamo sui furgoni che si inerpicano per la strada stretta e in salita. La giornata è grigia e a tratti piove. Quando abbiamo raggiunto la cima del Monte le nuvole ci permettono di vedere a malapena la Basilica della Trasfigurazione. Mentre P. Antonio ci spiega che la trasfigurazione è rendere bello, luminoso il volto di Cristo e ci invita a trasfigurare la realtà di ogni giorno, il sole apre le nuvole illuminando la Basilica… Forse Qualcuno vuole farci rivivere le stesse sensazioni che il Vangelo ci descrive.

30 Dicembre 2018: al mattino visitiamo il villaggio di Pietro sul lago di Galilea. Possiamo vedere le rovine delle case dei pescatori, la casa di Pietro, la più grande, ma anche immaginare la vita del villaggio. Ci sembra di vedere scorrere davanti agli occhi la scena in cui Gesù entra in contatto con i pescatori e dice loro di gettare ancora una volta le reti in quel lago oggi calmo e piatto; pensiamo a quella barca come la prima Chiesa, guidata da Pietro che da pescatore di pesci diventa pescatore di uomini. Il pomeriggio siamo a Cana. Con mia moglie Paola ricevo il dono di rinnovare, nella piccola Basilica, le promesse matrimoniali. Per noi però c’è un supplemento di grazia: le rinnoviamo insieme a P. Gino che le nostre nozze le ha celebrate!

«Benedetto sei tu, o Padre. Per tua benevolenza ho preso Paola come mia moglie».

«Benedetto sei tu, o Padre. Per la tua benevolenza ho preso Tiziano come mio marito».

«Benedetto sei tu, o Padre perché ci hai benignamente assistito nelle vicende liete e tristi della vita. Aiutaci con la tua grazia a rimanere sempre fedeli nel reciproco amore per essere buoni testimoni del patto di alleanza in Cristo Signore».

«Dio vi custodisca in tutti i giorni della vostra vita. Sia vostro aiuto nella prosperità, conforto nel dolore e colmi la vostra casa delle sue benedizioni. Per Cristo nostro Signore».

Ripetere queste parole a Cana è stato come rigenerare il sacramento ricevuto.

31 Dicembre 2018: durante il viaggio verso Betlemme entriamo nel deserto di Giuda. Lo sguardo si perde nelle varie anse. Il paesaggio diventa ancora più suggestivo al momento del tramonto. Incastonato quasi sul fondo di una gola, ecco spuntare un monastero di monaci ortodossi. Davvero il silenzio si può fare parola!

2 Gennaio 2019: ci aspetta la visita a Gerusalemme. Ogni luogo richiederebbe una sosta. Ci facciamo largo tra le vie ricche di mercanzie per arrivare all’inizio della Via Dolorosa. Dopo un breve momento di raccoglimento, iniziamo a percorrerla recitando il rosario. Desidereremmo un percorso silenzioso, dove meditare e, invece, dobbiamo destreggiarci tra bancarelle, negozi di tutti i tipi, strettoie, moltissime persone, chiasso… ma niente di tutto ciò che sta intorno riesce a disturbarci: noi sappiamo bene perché siamo in quel posto e dove vogliamo arrivare.

Nonostante il numero (siamo circa una settantina di persone) nessuno si perde e giungiamo davanti alla Basilica del Santo Sepolcro. Qui l’attesa è più lunga. Prima saliamo al Calvario e poi entriamo per qualche secondo al Santo Sepolcro. È il tempo del silenzio e della preghiera. Le tre ore di attesa non fanno male: tocchiamo con mano la sofferenza di nostro Signore.

3 Gennaio 2019: siamo ormai verso la fine del nostro pellegrinaggio. Nella Basilica della Natività visitiamo la grotta. Siamo nel luogo in cui è nato Gesù. Abbiamo bisogno di rinascere. Tra Maria e il Bambino c’è posto anche per “me”. Possiamo sostare solo pochi secondi, ma sufficienti per consegnare a Maria i nostri nipotini, chiedendole di avere sempre uno sguardo attento e vigile sulla loro vita.

Chi ha potuto celebrare  i 25 anni della nostra storia di Movimento con questo pellegrinaggio penso sia tornato a casa con il desiderio di appartenere di più, di dare più tempo, di essere più disponibile alla sua costruzione. Durante tutto il viaggio ognuno di noi ha potuto rivivere gli incontri fatti da Gesù con le persone di cui ci parla il Vangelo e scoprire, come ci era stato chiesto all’inizio, chi più gli somigliasse o chi corrispondesse alla sua sensibilità per seguire di più Lui. Come ci ricorda Santa Teresa D’Avila, abbiamo guardato Gesù che ci guarda, abbiamo ascoltato Lui che ci ascolta, parlato con Lui che ci parla. In una parola, abbiamo pregato. Si è rinforzato il desiderio di continuare a coltivare una storia di amicizia tra carmelitani, laici e famiglie, con una reciprocità di rapporto, che realizza luoghi di comunione dove il mondo tenta la separazione.

Grazie a P. Antonio per averci guidati spiritualmente, grazie a P. Gino per i suoi discreti e puntuali interventi, grazie a P. Enrico e P. Massimiliano che ci hanno guidati nei luoghi della storia della nostra fede in un modo così appassionato che solo chi è innamorato di quella Terra sa far trasparire.

 

(Testimonianza di Claudia Tullio)

Ho accolto la proposta del pellegrinaggio in Terra Santa con gioia. Da tempo aspettavo l’occasione per visitare i luoghi dove tutto è cominciato, per dire, lì, il grande grazie che devo a Gesù.

Arrivata in Terra Santa ho visto una terra bellissima, fertile, ben coltivata. Diversa da come me la immaginavo. P. Antonio ci ha raccomandato, appena arrivati, di cercare il luogo dove ci saremmo sentiti più “incontrati”. Posso dire di aver incontrato l’umanità di Gesù in ogni luogo: ora so, quando leggo il Vangelo, dov’era quando ha detto e fatto questa o quella cosa, i paesaggi e panorami che ha visto, dove ha camminato, messo i Suoi piedi e c’è una bella differenza tra immaginare e vedere.

Ci avviamo al Monte Tabor e lì è accaduto l’incontro con la Divinità di Gesù. Avrei voluto salire a piedi, da sola, in silenzio, contemplando per preparare il mio grande, enorme GRAZIE per come ha trasfigurato la mia vita, ma i tempi stretti non me lo consentono. Il Tabor è immerso nella nebbia ed io penso alle parole del Vangelo: «e venne una nube che li coprì con la sua ombra…» e penso “quel giorno dev’essere stato proprio così ed ora ci sono anch’io!”. Scendo dal pullman per l’ultimo tratto a piedi sempre immersa nella nebbia che mi avvolge e mi regala un’intimità profonda e rivedo tutta mia vita, la mia umanità. Dalla famiglia cristiana in cui mi ha fatto nascere, dalla vocazione professionale e matrimoniale che hanno realizzato la mia persona. Il dono grande che è stato mio marito per me. A questa Storia che mi nutre nella bellezza della comunione con Dio. E poi rivedo il tempo della malattia… della sofferenza, dell’angoscia, del dubbio, della ribellione, della confusione e del senso di impotenza. La malattia ha colpito mio marito e me lo ha portato via e mi sembra una tale ingiustizia! Insopportabile, capace di distruggermi. Penso a tutto questo con tenerezza a partire dal dono che Cristo, in quel tempo, ci ha fatto di Se Stesso. Con l’aiuto dei Padri Spirituali e con la fedeltà ai cinque punti della nostra regola diciamo il nostro Sì.

Cristo entra nella nostra sofferenza e la trasfigura in pienezza di amore, in pienezza di verità; scopro talenti che non pensavo di avere, forze che riconosco non mie.

Dal libro del Siracide: «Sii paziente nelle vicende dolorose perché l’oro si prova con il fuoco e gli uomini bene accetti, nel crogiuolo del dolore». Parole che mio marito incarna e mi commuove; rende facile e bello il mio compito di spendermi per lui, consumarmi per amore giorno dopo giorno. Viviamo con gratitudine quel tempo per l’amore che ci lega e diventa forte e limpido come un diamante! Che privilegio per me! Mai avrei lasciato mio marito alle cure di qualcun altro, mai è stato così mio, e mai l’ho amato così profondamente fino a consegnarglieLo con fiducia, grata perchè l’aveva donato a me per trentatre anni e mi aveva resa felice.

Per tutto questo preparo in cuor mio il mio grazie e ho fretta di dirglieLo. Entro in chiesa, mi inginocchio e… sorpresa, mi sento attesa, accolta, abbracciata. Una grande gioia pervade il mio cuore, mi sento amata. “Io non ti abbandono Claudia, mai. Io ti amo”. Queste parole sento nella mia anima insieme ad una gratitudine immensa. Vorrei rifugiarmi in un angolino nascosto e rimanere lì con Lui.

Il pellegrinaggio prosegue e arriviamo alla basilica dell’Agonia e all’Orto degli Ulivi. Lì mi sento ancora incontrata nella mia umanità. Nella vita vorrei essere piena di gioia e bellezza ma spesso le circostanze mi portano a quell’Orto; lì mi sento però accompagnata e sostenuta ancora, “Non temere Claudia”.

La Via Dolorosa: sono confusa da ciò che vedo, non capisco, mi prende l’angoscia. “Ma come è possibile!” penso. È la via del mercato di Gerusalemme! Ma è la via che porta al luogo della Salvezza del mondo, lì è accaduto lo straordinario! E c’è il mercato… come fanno… ma sono impazziti tutti? Sono angosciata e vorrei andarmene da lì… Penso… Penso ad altri luoghi sacri dove tutto ti dice i fatti accaduti e aiuta a rientrare in se stessi e nella preghiera. Poi penso alle parole di P. Antonio: «Da cuore a cuore, Cristo salva il mondo». Mi chiedo: “Io, cosa sono venuta a cercare, CHI sono venuta ad incontrare?”. La situazione che vivo ora non è forse simile a tante situazioni che vivo quotidianamente a casa mia, nei miei luoghi? Quante volte sono distratta o attratta da lucciole che scambio per LUCE vera, quante volte vivo la confusione, il dubbio? Quante volte do scarsa importanza a cose importanti, perdo occasioni di incontro, quante volte entro in chiesa con poca consapevolezza di essere chiamata lì… Allora capisco: questa che mi è data di vivere è la condizione ideale per mettere in movimento la mia libertà, la mia volontà. Io, ora, qui, sono chiamata! Devo scegliere cosa cercare e decidere cosa vedere! Signore aiutami, vienimi incontro! Per grazia ciò che sento nell’auricolare mi guida. Entriamo in una chiesa che si apre sulla via dolorosa. C’è il Santissimo esposto e c’è chi è inginocchiato in preghiera e chi scatta foto… Ancora la domanda: “Chi cerchi Claudia, con Chi vuoi stare?”.

Basilica del Santo Sepolcro. Ci sono molti pellegrini e confusione ma le ore di attesa e fila prima di entrare al S. Sepolcro sono un tempo di preghiera. Un po’ disturbata ma ormai abituata alla domanda “Chi vuoi incontrare?” riesco a vivere con pazienza e raccoglimento un’occasione che diventa ricca e feconda, che mi prepara all’Incontro. Finalmente posso entrare, mi inginocchio e metto le mie mani su quella pietra levigata dai tanti passaggi di mani. Una voce… “Io qui sono Risorto, ho spezzato le catene della morte!”. Sento una forza nuova dentro di me, potente desiderio di vita e desiderio di amare la vita, il mondo, il creato.

Tornata dal pellegrinaggio, l’altro giorno mi chiama un’amica dicendomi che il marito sta morendo e vorrebbe salutarmi. Pregando, corro al suo capezzale e con pochissime forze il mio amico apre le braccia per accogliermi e dirmi che mi vuole bene. Che gioia, che regalo!

La moglie mi chiama in disparte e piangendo racconta… io l’ascolto e penso… e rivivo il già vissuto… chiede il mio aiuto: «Claudia tu sei già passata da qui, come faccio a sopravvivere alla morte di mio marito, non ne ho le forze. Vorrei morire con lui». Con la mente rivedo le mie mani sulla pietra del S. Sepolcro dove Cristo è Risorto e penso: “Come farei a dire parole di conforto e speranza a questa moglie, questa sposa, se la fede non mi dicesse con certezza che Cristo è Risorto, che non l’hanno portato via ma è Risorto?”.

Il Cenacolo. Una bellissima sala dove, penso, deve essere stato molto bello mangiare con Gesù, fare festa per la Pasqua. Dove è accaduta la lavanda dei piedi, un gesto che mi commuove sempre. Non mi sento degna, vorrei ritrarre i piedi ma Gesù mi guarda ed io sento il mio bisogno. Vorrei imitarLo, imparare da Lui e l’occasione si fa presente.

In questo tempo sono spesso al letto della mamma che non sta bene e quando alla sera le lavo e massaggio i piedi per prepararla alla notte, un calore mi pervade e sono grata e piena di gioia perchè mi è concesso farlo e farlo alla mia mamma che mi ha dato la vita e farlo per Gesù. È una gioia davvero grande mettersi al servizio di Cristo!

Grazie Signore per avermi chiamato e regalato questa Storia che mi fa esistere e amare. Che rende bella la mia vita e quella di chi mi hai affidato.

 

©Dialoghi Carmelitani, ANNO 20, NUMERO 1, Aprile 2018