IL MISTERO DELLA SOFFERENZA

Dialoghi Carmelitani, Aprile 2023

Da sempre il dramma della sofferenza e la domanda sul senso del dolore interrogano e inquietano l’umanità che nel tempo ha provato ad affrontare la questione della precarietà e della caducità della vita, di cui la sofferenza è anticipazione, cercandone una spiegazione in chiave filosofica o religiosa. Superando la metafisica tragica che orientava le vicende umane nella cultura greca, ovvero l’idea di una condizione di sofferenza costitutiva e la rinuncia a contrastare un destino ineluttabile a meno di arrendersi alla propria follia — come succede agli eroici protagonisti della tragedia classica —, la visione giudaico‒cristiana si è imposta con una concezione che, pur attribuendo il dolore a una caduta e a una colpa originaria, non considera interrotta la relazione con Dio, al quale l’uomo rivolge un’attesa fiduciosa di salvezza, alimentata dalla speranza assoluta nella redenzione e nella misericordia divina. Oggi, nel mondo occidentale che questa tradizione ha assimilato ma anche secolarizzato e trasformato, con l’affermarsi di una visione volontaristica, narcisistica e iper-competitiva che arriva a sacrificare la realtà alle prestazioni individuali e al compiacimento effimero, assistiamo frequentemente al tentativo di rimozione della sofferenza e all’anestetizzazione del dolore, nell’illusione che possa esistere una società “guarita”, fatta solo di soggetti sani, in costante equilibrio psico‒fisico e non bisognosi di cura. Osservando tuttavia la realtà attorno a noi, con lo sguardo rivolto ai margini o più in profondità dentro la trama dell’esistenza, andando oltre l’immagine edulcorata e instagrammabile che si vorrebbe far passare, scopriamo che la sofferenza continua a sussistere in tutta la sua drammaticità e verità, a volte con connotazioni inedite e impreviste (come accade nelle manifestazioni più recenti di disagio giovanile), e che il dolore non è sconfitto ma rimane lì in tutto il suo scandalo e chiede di essere condiviso e attraversato. Non con spirito fatalista e rassegnato, ma nella consapevolezza che non siamo soli e che Qualcuno ci ha già amato per primo e a tal punto da caricare su di sé tutte le sofferenze del mondo, comprese le nostre.

 

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