INSIEME MA SOLI?

Dialoghi Carmelitani, Giugno 2020

Leggendo gli articoli sul Tema di questo numero, pensate ai primi giorni di questo 2020. È  proprio in quel momento che abbiamo cominciato a pensare a quale argomento proporre ai lettori, anche in vista dei futuri Esercizi Spirituali che avrebbero affrontato il tema del dono dello Spirito Santo, inviatoci per “non lasciarci soli”. La solitudine quindi, come argomento da trattare in tutte le sue declinazioni, ci aveva affascinati per la ricchezza di sfaccettature e la profondità che prometteva di regalarci nella sua complessità. La nostra riflessione ci ha fatto domandare: in un mondo sempre più iperconnesso le nostre relazioni sono vere espressioni di comunione? Oppure siamo insieme, ma soli? Pensate ora all’inimmaginabile che è accaduto dopo. Mai avremmo potuto credere che dopo pochi giorni tutto il mondo avrebbe sperimentato quasi improvvisamente, e in maniera coercitiva, molte forme di solitudine, isolamento e lontananza, recidendo di colpo tutti i legami di cui la nostra vita si nutre. Abbiamo dunque deciso di conservare il Tema, perché era diventata più che mai evidente la sua consonanza con l’esperienza di tutti gli uomini di questo tempo straordinario. Solitudine con sé stessi: nella noia, nella sofferenza, nella morte. Per qualcuno è stata una scoperta positiva, ma per altri è risultata una sfida quasi insuperabile a seconda della capacità o meno di stare in compagnia con il proprio io.  Lontananza dalle relazioni più significative, quelle familiari, ma anche da quelle con i pari come i propri amici e compagni di scuola, che sono state sconvolte e, a volte, messe in discussione. Isolamento dal contesto sociale che spesso ha portato, soprattutto gli adolescenti, ad un uso ancora più intenso dei mezzi di intrattenimento, come surrogati di relazioni che non si riesce a compiere. Forse tanti hanno capito per la prima volta l’importanza del silenzio, o al contrario ne hanno avuto paura. Eppure, nonostante la difficoltà di accettare questa solitudine imposta dalle circostanze, abbiamo scoperto, o ricordato, che essa può costituire un’opportunità. Perché la solitudine è stata, è e sarà sempre – che noi la si accolga, o che la si rifugga – occasione di svelamento della nostra essenza. Per questo motivo è la porta attraverso cui passa la relazione più intima e definitiva, quella trinitaria. La porta verso il nostro io come dimora abitata, dove non ci aggiriamo come vagabondi in stanze vuote, ma nel cuore a cuore con Colui che ha promesso di non lasciarci orfani, nella “compagnia dei Tre” dove possiamo godere l’unica solitudine buona, come tra innamorati. Chi fa spazio a questa presenza, chi, nella solitudine, sa ascoltare trova un Interlocutore in attesa, pronto a donarci la certezza che, anche distanti, rimaniamo uniti.

 

GLI ARTICOLI DI QUESTO TEMA:

  • IN COMPAGNIA DEL NOSTRO IO. LA CAPACITÀ MORALE DI STARE DA SOLI A. Musio
  • LA SOLITUDINE NON BASTA P. A. Cazzago ocd
  • EDUCARE ALLA SOLITUDINE BUONA A. Bellingreri
  • «E L’ANGELO PARTÌ DA LEI» A. Masset
  • IL DISAGIO DEL FOGLIO BIANCO L. Sighel

IN COMPAGNIA DEL NOSTRO IO

La capacità morale di stare da soli  (di Alessio Musio) Anche quando siamo fisicamente isolati dagli altri, non siamo mai davvero soli, perché abbiamo un io e siamo sempre in rapporto con lui. Ogni volta che pensiamo infatti parliamo con noi stessi: un...

EDUCARE ALLA SOLITUDINE BUONA

(di Antonio Bellingreri) Nel profondo la persona si trova «a casa propria»; è un’esperienza interiore che si può chiamare di solitudine buona: perché in essa il nostro esser soli è un misterioso ma realissimo esser davanti a Dio, nella compagnia «dei Tre»...

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