PAURA E SPERANZA
Dialoghi Carmelitani, Settembre 2017
È una percezione antica, la paura. Che da sempre accompagna l’uomo, nel suo viaggio sulla terra e nella storia, condizionando pensieri e sentimenti. Che prende forma attorno ad un oggetto, riconosciuto come temibile (a differenza dell’angoscia, che non sempre dice le sue ragioni), inducendo atteggiamenti di prudenza e di difesa. Che si mostra molteplice e ambivalente, mentre possono mutare contorni e veste di ciò che la genera, recando avvertimento o anche paralisi. Così forse non è un caso che già l’infanzia sia un terreno fertile per la nascita di certe paure che necessitano di essere raccontate ed affrontate come accade nelle fiabe, per imparare a gestirle e, soprattutto, per imparare a vincerle. Ma soprattutto forse non è un caso che la vita intera, la nostra fiaba vera, non si stanchi di raccontare che c’è comunque motivo per sperare, anche in mezzo a ferite e sofferenze, purché si abiti una casa solida e condivisa. Perché non c’è paura più grande dell’insicurezza del presente, vissuta in solitudine, che ruba il senso del futuro; e, viceversa, non c’è speranza più grande di quella creduta insieme, e amata a nome di tutti. Che infine svela il fondamento, per tutto ciò che può essere sperato: c’è un solo Padre, origine e destino di ogni uomo in cammino.
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