Riccardo MichelucciNato nel 1970. Laureato alla facoltà di scienze politiche dell’Università di Firenze, ha studiato politica e cultura dell’Irlanda all’University College di Dublino. Ha iniziato la carriera di giornalista collaborando con il settimanale Diario e con il mensile Storia & Dossier. Dopo un passato radiofonico a Popolare Network, attualmente scrive regolarmente su Avvenire, Focus Storia e Il Venerdì di Repubblica. Saltuariamente collabora, in qualità di autore e conduttore radiofonico, con la trasmissione Wikiradio di Rai Radio 3. In passato ha scritto anche per Il Manifesto, L’Unità e D-la Repubblica delle donne. Nel 2011 ha vinto il premio letterario “Firenze per le culture di pace”, dedicato a Tiziano Terzani. Esperto di politica e cultura dell’Irlanda, nel 2009 ha dato alle stampe il suo primo libro, Storia del conflitto anglo-irlandese, definito il “libro nero” del colonialismo inglese in Irlanda. Si è concentrato in particolare sulla memoria e sulle conseguenze dei Troubles, di cui è considerato uno dei principali esperti in Italia, approfondendo in particolare la figura di Bobby Sands, del quale ha recentemente curato, con Enrico Terrinoni, l’edizione italiana degli Scritti dal carcere.

 

BobbySands_COPERTINA_Scritti_Dal_Carcere_PaginaunoScritti dal carcere. Poesie e prose (Paginauno)

Bobby Sands, in quelle terribili condizioni, ebbe anche la forza di comporre numerose poesie e pagine di prosa, scrivendo su carta igienica e cartine di sigarette che poi faceva uscire clandestinamente dal carcere. Tradotte recentemente, sempre a cura di Michelucci, offrono l’immagine di un uomo lucido ed inflessibile, caratterizzato da una straordinaria sensibilità umana e morale che lo porterà alla scelta finale: «Oggi mi sento come un cadavere vivente, quelle gambe che una volta correvano per chilometri desiderano rivivere e tornare a correre. Corro un’altra gara nella mia mente e lo squallore che mi inghiotte e mi avvolge ride di me, mentre fisso incredulo le mie gambe e il mio corpo nudo». (Scritti dal carcere, Ed. Paginauno, pp. 181-182) Una storia triste e senza tempo che va ricordata e che deve fungere da monito per gli oppressori di ogni epoca, come bene scrisse Manzoni: «I provocatori, i soverchiatori, tutti coloro che, in qualunque modo, fanno torto altrui, sono rei, non solo del male che commettono, ma del pervertimento ancora a cui portano gli animi degli offesi. Egli era un giovine pacifico e alieno dal sangue, un giovine schietto e nemico d’ogni insidia; ma, in que’ momenti, il suo cuore non batteva che per l’omicidio» (I Promessi Sposi, cap. II).