La canonizzazione di Papa Paolo VI e il suo servizio alla Chiesa
Intervista a Don Angelo Maffeis, Direttore dell’Istituto Paolo VI di Brescia
(a cura di P. Aldino Cazzago ocd)

Domenica 14 ottobre Paolo VI sarà proclamato santo. Può riassumerci brevemente le tappe che dopo la sua morte hanno portato a questa decisione?
Dopo la morte di Paolo VI, avvenuta a Castel Gandolfo il 6 agosto 1978, è iniziata subito la raccolta di testimonianze sulla sua santità, al fine di non perdere, per ovvie ragioni anagrafiche, la testimonianza delle persone che l’avevano conosciuto da vicino e avevano collaborato alla sua attività pastorale. Per queste ragioni già prima della fine del 1978 il vescovo di Brescia mons. Luigi Morstabilini chiedeva al Segretario di Stato, il cardinale Agostino Casaroli, l’autorizzazione a raccogliere in forma riservata testimonianze scritte, in vista dell’eventuale apertura della causa di beatificazione. Nel 1989 il successore mons. Bruno Foresti interpella la Conferenza Episcopale Lombarda sull’opportunità di introdurre la causa di beatificazione e riceve un parere positivo. Analoga richiesta è stata avanzata negli stessi anni dall’Episcopato italiano e da quello latino–americano. L’inchiesta si è svolta presso il Vicariato di Roma tra il 1993 e il 1999 ed è stata completata dalle inchieste rogatoriali svolte a Brescia e a Milano. Sulla base delle testimonianze raccolte è stata preparata la Positio super virtutibus, consegnata nel 2012 ed esaminata nello stesso anno con esito positivo dai consultori teologi e dai cardinali e vescovi membri della Congregazione per le Cause dei Santi. Il 20 dicembre 2012 Papa Benedetto XVI ha autorizzato la promulgazione del decreto con cui Paolo VI era dichiarato Venerabile.
Il miracolo che ha portato alla beatificazione di Paolo VI è accaduto negli Stati Uniti d’America nel 2001. A una donna al quinto mese di gravidanza i medici avevano consigliato l’aborto per una serie di problemi riscontrati nel feto. La madre rifiutò questa proposta e si affidò all’intercessione di Paolo VI, dando alla luce un bambino sano, che non presentava i segni della precedente diagnosi. Il rito della beatificazione è stato celebrato da Papa Francesco il 19 ottobre 2014, al termine della III Assemblea Generale Straordinaria del Sinodo dei Vescovi. Il secondo miracolo è la nascita a Verona il 25 dicembre 2014 di una bambina sana dopo che la madre durante la gravidanza aveva subito la rottura della placenta. Il miracolo è stato riconosciuto dalla Congregazione per le cause dei santi e il 6 marzo 2018 Papa Francesco ha promulgato il decreto con cui la nascita della bambina era riconosciuta miracolosa e da attribuire all’intercessione del Beato Paolo VI. Nel Concistoro ordinario pubblico del 19 maggio 2018, il Papa ha fissato la data della canonizzazione al prossimo 14 ottobre.
Quali sono gli aspetti della personalità di Papa Montini/Paolo VI meritevoli di essere ricordati oggi?
Un primo aspetto che caratterizza la figura umana e cristiana di Paolo VI è il desiderio di conoscere il mondo al quale la Chiesa è chiamata ad annunciare il messaggio evangelico. Questo interesse si coglie in Giovanni Battista Montini fin dagli anni giovanili, quando nel dialogo con gli amici e nell’attività dei circoli studenteschi di cui fa parte la sua riflessione si sofferma spesso sul modo per rendere comprensibile e persuasiva la verità del vangelo ai coetanei e, più in generale, alla cultura contemporanea da cui la loro coscienza è profondamente segnata. Il confronto con la cultura moderna non significa per Montini un adattamento acritico alla mentalità del tempo, ma nasce dalla convinzione che solo se intercetta le domande umane più autentiche e profonde la parola affidata alla Chiesa può illuminare la coscienza, suscitare la fede in Cristo e dispiegare la sua potenza che salva. Questo tema rimane presente per tutto l’arco della vita di Paolo VI e non è un caso che al dialogo sia dedicata una parte importante dell’enciclica inaugurale del pontificato, l’Ecclesiam suam.
Un secondo aspetto che attraversa tutta l’esistenza di Giovanni Battista Montini–Paolo VI è il senso profondo di appartenenza alla Chiesa. Il dialogo con il mondo, la testimonianza al vangelo, il servizio all’umanità non sono infatti mai impresa solitaria, ma hanno come soggetto credenti che si sentono profondamente inseriti nella comunità ecclesiale. A questo legame vitale con la Chiesa Paolo VI pensa con gratitudine nel Pensiero alla morte, quando esprime il suo amore per la Chiesa nella forma del riconoscimento di tutto quello che da essa ha ricevuto e il servizio della quale è stata la ragione della sua vita. «Potrei dire — scrive in questa meditazione — che sempre l’ho amata; fu il suo amore che mi trasse fuori dal mio gretto e selvatico egoismo e mi avviò al suo servizio; e che per essa, non per altro, mi pare d’aver vissuto». L’intensità dell’amore per la Chiesa è capace di illuminare anche le sofferenze e le incomprensioni che hanno spesso segnato il suo ministero. Nella stessa meditazione, guardando alla conclusione della sua vita, esprime il desiderio che la Chiesa capisca finalmente la sincerità e la profondità dell’amore con cui Paolo VI l’ha voluta servire. «Ma vorrei che la Chiesa lo sapesse; e che io avessi la forza di dirglielo, come una confidenza del cuore, che solo all’estremo momento della vita si ha il coraggio di fare. Vorrei finalmente comprenderla tutta nella sua storia, nel suo disegno divino, nel suo destino finale, nella sua complessa, totale e unitaria composizione, nella sua umana e imperfetta consistenza, nelle sue sciagure e nelle sue sofferenze, nelle debolezze e nelle miserie di tanti suoi figli, nei suoi aspetti meno simpatici, e nel suo sforzo perenne di fedeltà, di amore, di perfezione e di carità».
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La canonizzazione del Papa “bresciano” quale responsabilità e quale compito lascia ai cattolici bresciani?
La pubblicazione delle fonti che riguardano il periodo della formazione di Giovanni Battista Montini rivela gradualmente la complessità e la ricchezza dell’ambiente bresciano in cui egli è nato, è stato educato e ha vissuto fino al momento della sua ordinazione sacerdotale. In questo ambiente Giovanni Battista Montini ha incontrato numerosi esponenti del clero diocesano che hanno segnato profondamente la sua formazione e con molti dei quali ha stretto una durevole amicizia. Ma ugualmente importante è l’eredità del movimento cattolico che nel XIX secolo aveva avuto in Giuseppe Tovini l’esponente più importante, dal quale il padre di Paolo VI, Giorgio Montini, aveva raccolto il testimone della militanza cattolica. Il fatto che il giovane Giovanni Battista abbia frequentato i corsi di teologia del Seminario diocesano continuando ad abitare in famiglia lo ha messo a contatto diretto e quotidiano con le vicende della società e della cultura del tempo e ha certamente radicato in lui la consapevolezza del valore della missione sociale, culturale ed educativa della Chiesa. Il segno della formazione bresciana rimane riconoscibile anche nelle stagioni successive dell’attività di Montini. I cambiamenti sono evidenti, così come la maturazione personale e le esperienze nuove che gli permettono di accedere a un orizzonte ecclesiale più ampio. Ma credo si possa affermare che dalle radici bresciane ha continuato a trarre alimento il servizio alla Chiesa universale al quale Paolo VI è stato chiamato. Il ministero del Papa è servizio all’unità della Chiesa universale, ma la persona che lo esercita ha una sensibilità, una storia, un’identità propria che prende forma nel corso della vita e che le radici permettono di riconoscere. I cattolici bresciani non devono però indulgere alla tentazione campanilistica di appropriarsi di Paolo VI come se appartenesse solo a loro. Devono piuttosto essere consapevoli del dono che la Chiesa bresciana ha fatto di un proprio figlio alla Chiesa universale e interrogarsi se la vita cristiana vissuta in queste terre e la proiezione sociale e culturale della Chiesa siano ancora in grado di generare persone di questa statura o, almeno, di uguale generosità nel servizio della Chiesa.
Perché è così difficile togliere dalla personalità di Paolo VI certi clichés che gli sono stati cuciti addosso da un certo mondo intellettuale intra ed extra ecclesiale?
Le ragioni di questa difficoltà si possono vedere da un lato nel tratto aristocratico di Paolo VI, che pur avendo grande sensibilità e capacità di relazione personale, secondo i criteri della attuale comunicazione di massa, risulta certamente meno “popolare” rispetto ad altre figure di papi del Novecento. Al tempo stesso è una figura complessa, che proprio per la fatica che comporta lo sforzo di comprenderla, ha spesso ricevuto interpretazioni più facili e semplificatrici. La complessità di Paolo VI si può vedere schematicamente nelle tre dimensioni che la sua personalità presenta: è un intellettuale, è un diplomatico ed è un pastore. Queste tre figure evocano sinteticamente le stagioni fondamentali della sua vita e le tappe principali del suo cammino personale. Negli anni giovanili e poi nel ministero esercitato in mezzo agli studenti universitari della FUCI, Montini si misura a viso aperto con le grandi questioni della cultura contemporanea. La prospettiva in cui le grandi questioni filosofi che sono considerate è concreta ed è legata all’itinerario formativo degli studenti, ma mostra al tempo stesso un’apertura alle questioni di fondo che richiedono risposte all’altezza delle domande e non possono essere liquidate con superficialità. Un’apologetica del cristianesimo all’altezza delle sfide del tempo è uno dei temi che affiorano più frequentemente negli scritti del giovane Montini. Per trent’anni, dal 1924 al 1954 Giovanni Battista Montini ha poi lavorato nella Segreteria di Stato, percorrendone le diverse funzioni e responsabilità, fino a diventare Pro–Segretario di Stato. Egli ha così attraversato il periodo che ha visto l’affermarsi dei regimi totalitari in Europa, la seconda guerra mondiale e la ricostruzione postbellica, con la possibilità di considerare le vicende storiche da un osservatorio privilegiato. Nel contesto di queste drammatiche vicende Montini ha cercato di agire a tutela della libertà della Chiesa, ha messo in atto tutti gli sforzi per scongiurare la guerra e per alleviare le sofferenze di coloro che vi erano coinvolti. Impressionante è la mole di lavoro svolta dall’Ufficio informazioni creato e coordinato in Vaticano proprio da Montini al fine di aiutare le famiglie ad avere notizie dei loro congiunti che si trovano in prigionia e a ristabilire i contatti. Queste esperienze hanno certamente contribuito a radicare nel futuro Paolo VI l’apprezzamento per la democrazia e l’appassionata difesa della pace che costituiscono due importanti cifre del suo pontificato. Nel novembre del 1954, infine, Giovanni Battista Montini è nominato arcivescovo di Milano, dove farà l’ingresso il 6 gennaio 1955. Nella nuova responsabilità è certamente l’azione pastorale il cuore dell’impegno montiniano. Egli si trova a capo di una diocesi dalla ricca tradizione cristiana e dotata di un’organizzazione ecclesiastica imponente. Ma si rende conto fin dal primo contatto con la Chiesa ambrosiana che la società e la cultura stanno conoscendo trasformazioni impetuose e che queste segnano inevitabilmente anche i credenti e le comunità cristiane. La sua attività pastorale è caratterizzata dallo sforzo di rendere le strutture ecclesiastiche più capaci ed efficaci nel rispondere alle questioni nuove poste dalla società in trasformazione — si pensi all’impatto dell’immigrazione dal sud sulla metropoli lombarda o allo sviluppo del lavoro industriale e della finanza — e dalla ricerca di un incontro con le realtà più diverse, anche con quelle che si sentono più lontane ed estranee rispetto alla Chiesa. Significativa al riguardo è la grande Missione di Milano del 1957, che attraverso l’imponente sforzo di annuncio e di predicazione messo in atto, suggerisce l’urgenza dell’evangelizzazione della città come compito fondamentale e permanente della Chiesa. Con l’elezione a Papa, il 21 giugno 1963, il ministero pastorale assume una dimensione universale e si esprime anzitutto nella guida del Concilio Vaticano II, convocato da Giovanni XXIII, e nello sforzo di definire le linee di un’azione pastorale rinnovata, compiuto insieme all’intero corpo episcopale.
Le numerosissime lettere ai familiari che egli ha lasciato, testimoniano un rapporto davvero intenso con il padre e la madre. Quali erano gli aspetti più rilevanti di questo rapporto?
«A mio padre devo gli esempi di coraggio, l’urgenza di non arrendersi supinamente al male, il giuramento di non preferire mai la vita alle ragioni della vita. Il suo insegnamento può riassumersi in una parola: essere un testimone. A mia madre devo il senso di raccoglimento, della vita interiore, della meditazione che è preghiera». Queste parole, che si leggono nei Dialoghi con Paolo VI di Jean Guitton, si possono considerare la sintesi più efficace del significato che per Paolo VI ha avuto il rapporto con i genitori e con la famiglia d’origine. È un rapporto che ora le lettere ai famigliari documentano in modo più nitido e che presenta una duplice polarità: quella intima degli affetti e della coltivazione di una spiritualità profonda e ispirata ai grandi maestri della tradizione cristiana e quella pubblica, che si traduce in una testimonianza cristiana coraggiosa all’interno di una società spesso ostile al messaggio proclamato dalla Chiesa.
In un suo denso scritto lei ha illustrato il particolare legame spirituale che univa il giovane sacerdote Montini all’apostolo Paolo. Quali sono stati gli insegnamenti dell’apostolo che più si sono riflessi nella vita di Paolo VI?
La scelta del nome al momento della sua elezione alla Sede di Pietro è spiegata da Paolo VI come intenzionale richiamo all’apostolo delle genti, al suo ardente amore per Cristo, al suo instancabile impegno nel far risuonare la parola del vangelo fino agli ultimi confini della terra. Il legame spirituale con l’apostolo Paolo è stato coltivato da Giovanni Battista Montini fin da giovane, come mostra la meditazione di tutte le lettere di Paolo documentata in quattro quaderni di appunti stesi tra il 1929 e il 1933. Si tratta di appunti personali e quindi piuttosto frammentari, nei quali tuttavia sono ripresi i temi principali della riflessione di Paolo. Tra questi temi spicca anzitutto la centralità del mistero di Cristo che costituisce il fondamento e il punto di riferimento decisivo della fede cristiana e dello sguardo che alla sua luce è possibile gettare sul mondo. Accanto a questa contemplazione del mistero di Dio rivelato in Cristo, un grande rilievo assume anche la riflessione sul ministero apostolico, sullo stile con cui Paolo l’ha esercitato e sul modello che egli offre a tutti i ministri della Chiesa. Lo studio e la meditazione delle Lettere pastorali (1 e 2 Timoteo e Tito), in particolare, documentano lo sforzo di Giovanni Battista Montini, di trovare un senso spirituale al lavoro d’ufficio, spesso arido, che si trovava a svolgere. Nonostante infatti egli sentisse una chiara propensione per il lavoro in mezzo agli studenti universitari, egli sente anche il lavoro in Segreteria di Stato come un servizio alla Chiesa, da compiere con lealtà, ma anche con la libertà che lo Spirito suscita nel credente.
Papa Francesco ha una grande stima di Paolo VI. Il 22 giugno 2013, incontrando i pellegrini della diocesi di Brescia ha detto che il testo della Evangelii nuntiandi di Paolo VI è «il documento pastorale più grande che è stato scritto fino ad oggi». È possibile indicare qualche tema del magistero di Paolo VI che Papa Francesco sta particolarmente rilanciando alla Chiesa e al mondo?
Il riferimento all’esortazione apostolica Evangelii nuntiandi è assai significativo. Il documento in cui Paolo VI ha riassunto i risultati del Sinodo dei Vescovi, dedicato nel 1974 al tema dell’evangelizzazione, ha infatti costituito un passaggio importante nella recezione del Vaticano II in America Latina e, soprattutto, offre una visione equilibrata della relazione tra la finalità religiosa e la finalità di promozione umana proprie dell’azione ecclesiale. Al tempo stesso, la scelta di raccogliere sotto il segno dell’evangelizzazione tutto l’agire della Chiesa ha un significato profondo anche per la Chiesa in Europa, alla quale Paolo VI ricorda che quello dell’evangelizzazione non può mai essere considerato un compito esaurito. Un altro tema che sta particolarmente a cuore a Papa Francesco è quello sviluppato da Paolo VI nell’enciclica Populorum progressio attorno all’asse di un progresso umano che sia integrale e solidale. Il vero progresso dell’umanità, al quale la Chiesa non vuole lasciar mancare il suo contributo, si fonda infatti su una visione integrale, cioè non riduttiva e non limitata ad una sola dimensione, dell’essere umano e si impegna perché lo sviluppo sia per tutti e non sia privilegio riservato a pochi. Anche il tema ecologico, al quale il magistero di Papa Francesco ha rivolto la sua attenzione, mi pare si possa vedere come un allargamento del tema dello sviluppo integrale proposto da Paolo VI e come ulteriore dilatazione della solidarietà alla quale i cristiani sono chiamati.
©Dialoghi Carmelitani, ANNO 19, NUMERO 3, Settembre 2018

Angelo Maffeis è presbitero della diocesi di Brescia. Ha perfezionato gli studi teologici alla Pontificia Università Gregoriana di Roma, ottenendo la Licenza (nel 1986) e il Dottorato in Teologia (nel 1991), con una tesi su Apostolicità della chiesa e ministero ordinato nel dialogo internazionale cattolico–luterano dal 1967 al 1984. Dall’anno accademico 1989/90 insegna “Teologia sistematica” (ecclesiologia, antropologia teologica, ecumenismo, teologie contemporanee) nello Studio teologico Paolo VI del Seminario Diocesano di Brescia; dal 1990/91 insegna “Introduzione alla teologia” nella sede bresciana dell’Università Cattolica del S. Cuore; dal 1997/98 insegna “Storia della teologia moderna” presso la Facoltà teologica dell’Italia Settentrionale (Milano). Tra le sue pubblicazioni: Il ministero nella chiesa. Uno studio del dialogo cattolico–luterano (1967–1984), Milano 1991; Giustificazione. Percorsi teologici nel dialogo tra le chiese, Cinisello Balsamo (Mi) 1998; Il dialogo ecumenico, Brescia 2000; Teologie della Riforma. Il vangelo, la chiesa e i sacramenti della fede, Brescia 2004; Penitenza e Unzione dei malati, Brescia 2012.