(di Don Luciano Luppi)

Sono tanti e diversi gli aspetti affascinanti e attuali della figura di Madeleine Delbrêl; ma, tra questi, ve n’è uno che oggi merita più che mai di essere raccontato: e cioè l’esperienza profonda della gioia di credere in Gesù Cristo e, quindi, della gioia di poter ridonare a tutti, in particolare ai più poveri e deboli, tutto l’amore ricevuto da Dio. Tutto l’amore che Dio stesso è per l’uomo.

Dall’ateismo al Dio vivo

«Egregio signore, in cinquant’anni di vita ho avuto il piacere di ricevere le cure di 10 medici. Ho avuto occasione di incontrarne due di umani: sono morti purtroppo e non posso sperare di avere una terza occasione. So per certo che: ho un carattere da cani; la testardaggine di un somaro; il temperamento di un cavallo. Mentre al contrario sono sicura di non essere un superuomo e stanca d’essere trattata come tale. Ecco perché un veterinario mi pare meglio adatto alle mie necessità. Spero che lei non mi rifiuterà i suoi consigli

Abbiamo in questa lettera immaginaria un saggio del grande umorismo di Madeleine Delbrêl (1904–1964), scrittrice, assistente sociale e mistica francese, di cui è avviata la causa di beatificazione. Siamo di fronte a una grande testimone della gioia di credere, ma una donna per cui la fede e la sua gioia non sono scontate. Da giovane, infatti, ha professato un agnosticismo convinto, al punto che a diciassette anni in una pagina di diario dichiarava: «Dio è morto, viva la morte» e si divertiva a smascherare con lucido disincanto la tendenza della maggioranza della gente a continuare a illudersi, non riconoscendo tutto il vuoto e il non senso che la negazione di Dio comportava. Era ben consapevole, infatti, che uscendo dal nostro orizzonte, «anche le parole, Dio le ha stroncate… Possiamo dire a un moribondo senza mancare di tatto: “Buongiorno” o “Buonasera”? Allora, gli diciamo: “Arrivederci”, o “Addio”… finché non avremo imparato come dire: “Al nulla”… “Al niente assoluto”…».

Ma quando a vent’anni ha vissuto il suo “incontro abbagliante” con Dio, ha sentito come zampillare dentro di sé “una gioia grande”, incontenibile, “incomparabile”, il dono di “una giovinezza ritrovata, una vita chiara”:

Tu esistevi, io non lo sapevo.
Avevi fatto il mio cuore a tua misura,
la mia vita per durare quanto te,
e poiché tu non c’eri,
il mondo intero mi sembrava piccolo e stupido
e il destino di tutti gli uomini insulso e cattivo.
Quando ho saputo che Tu esistevi
ti ho ringraziato di avermi fatto vivere,
ti ho ringraziato per la vita del mondo intero.

La scoperta della gioia

Per Madeleine se Dio c’è, è la realtà intera che viene strappata al non senso e riprende voce e bellezza: «Tutto è talmente più bello di quanto noi possiamo sapere. Tutto parla di noi e ci parla di qualcosa. Quanti messaggi perdiamo! Apriamo gli occhi e le orecchie dell’anima. Nel mondo tutto è misteriosa corrispondenza, echi, frasi da completare. Tutto si riunisce e si completa qualche volta in noi e sempre in Dio».

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La sua gioia è tale che se ne sente debitrice verso tutti: «sono convinta che il nostro tempo ha bisogno di dedizioni alla causa della gioia. Se nessuna epoca è stata più assordante, dubito che ce ne sia stata un’altra più sprovvista di vera gioia. A coloro che ne hanno sentito di più la mancanza o che hanno lottato di più per conquistarla spetta di donarla agli altri». E a un’amica tormentata e in ricerca scrive: «Vedi, mia cara, per esserci passata, e in modo terribile, nell’orribile notte della negazione [di Dio], so che il vuoto che grida in noi la sua angoscia, è già la voce del pastore. Credo che ti ami come ama noi tutti e che il suo immenso, eccessivo amore, saprà ben conquistarti perché sei malgrado tutto un’anima di buona volontà. Perdonami se ti parlo così sinceramente. Ma vedi, da quando ho trovato la strada sono splendidamente felice, e siccome ti voglio bene vorrei che anche tu fossi felice».

La sua missione a servizio della gioia si incanala in un primo momento nella direzione di una vocazione letteraria, incoraggiata anche dalla vittoria del Premio nazionale Sully Prudhomme per giovani poeti, attribuito alla sua raccolta di poesie La Strada, in cui ripercorre il suo itinerario alla fede. Certamente Madeleine è consapevole della relatività dell’arte e vigila contro la vanità letteraria, ma è convinta che l’arte può essere molto di più di un semplice “divertissement”: «l’arte può essere una fonte di gioia per gli occhi e per l’intelligenza».

Coinvolta nel movimento scout come caposquadra dei lupetti e promossa poco tempo dopo “agente di collegamento” tra Parigi e le diverse province per la formazione delle altre caposquadra, viene subito notata per la sua “potenza di immaginazione e di iniziativa”, nonché per il clima di vitalità e di gioia che sa trasfondere tra le capitane e i lupetti, fino al punto da ricevere da loro come “totem” il titolo di “Ape gioiosa”.

In un commento a una preghiera scout, composto per sostenere il morale di un’amica, Madeleine scrive: «È Gesù, nostro Amico, che non lascia mai senza eco alcuna delle nostre vere aspirazioni. […] È Gesù, nostra gioia, poiché tutti i frammenti di gioia che abbiamo trovato negli esseri, egli li riunisce, li completa, li esalta».

La gioia di servire

Madeleine, dotata di un indubbio talento nello scrivere — ha pubblicato oltre a vari articoli e poesie ben quattro libri — ha scelto a un certo punto di abbandonare la carriera letteraria per dedicarsi al servizio sociale, ritenendolo un’incarnazione della carità evangelica più adeguata e al passo coi tempi. Tra i suoi scritti professionali troviamo anche una conferenza redatta in piena guerra mondiale dal titolo significativo La Gioia nel Servizio Sociale. In quel momento drammatico in cui la vita della gente “sembra sommersa dalla marea di sofferenza umana”, avverte la necessità di lavorare alla scoperta della gioia, perché, afferma, «molto spesso noi siamo dei ricchi che si ignorano». E rivolta alle operatrici sociali scrive: «Servire non significa sempre avere dell’entusiasmo. […] Non contateci, prendetelo se e quando viene, ma puntate sulla gioia: gioia di continuare un compito iniziato molto tempo fa da altre donne come noi; gioia di scoprire una missione appena accennata, intravista attraverso tutti i bisogni e i problemi che chiedono risposta. […] Se si incontrassero solo persone tristi, ben presto non si potrebbe più credere alla gioia. Essere pieni di gioia significa rendere possibile la gioia agli occhi degli altri. […] Significa mostrare che essere infelici è più difficile di quanto si pensi. […] Una persona che conservi la propria serenità e la propria bonomia può fare in questo momento per il paese più di chi compia opere sensazionali. […] È necessario dare fiducia al destino di ogni essere umano. […] Dare fiducia a qualcuno significa spesso ridargli fiducia in se stesso, significa renderlo libero».

La rivelazione della gioia che Madeleine riscopre traboccante nell’Incontro con Dio è per lei inseparabile dalla rivelazione del mistero della sofferenza: «La sofferenza che patiamo sulla terra mi è sembrata molto più grande e nello stesso tempo molto più piccola, le gioie che vi troviamo molto più vere e nello stesso tempo più piccole». Madeleine coglie quindi con assoluta chiarezza la natura “paradossale” della gioia cristiana: un “ottimismo integrale”, che non esclude la sofferenza e nemmeno è messo in crisi da essa. Alla luce della fede, infatti, la sofferenza umana diventa indubbiamente più piccola, ma anche più grande, perché porta a sentirsi solidali con le sofferenze di tutti. Così le gioie umane diventano più vere, riscattate da ogni tentazione idolatrica, ma anche relativizzate in ordine alla gioia incomparabile di Dio.

Per Madeleine allora «la gioia è come il segno che non tradiamo il Signore. […] Questa accoglienza attiva della sua volontà è il centro della nostra fedeltà. […] E la gioia costante è il segno della fedeltà di questa accoglienza. […] Slogan: se ci si accontenta di Dio si deve essere sempre contenti».

Dare la vita… con un sorriso!

Questo “ottimismo integrale” è possibile perché a monte di tutto ci sta la gioia di un amore — quello di Dio — pienamente ricevuto e pienamente donato in ogni istante, nella consapevolezza della “gratuità fondamentale della vita cristiana”, e cioè della propria radicale inadeguatezza a corrispondervi. Scrive Madeleine: «Quando sappiamo ciò che siamo, sarebbe veramente ridicolo non avere nel nostro amore un po’ di umorismo. […] Quando si scopre questa comicità impagabile, quando si scoppia a ridere ricapitolando la farsa della propria vita, viene la tentazione di abbandonarsi, senz’altro, a una carriera da clown per la quale dopotutto sembriamo assai dotati. È allora che dobbiamo ricordare che Dio non ci ha creato per dell’umorismo [humour], ma per quell’amore [amour] eterno e terribile con cui Egli ama da sempre tutto ciò che ha creato. Allora dobbiamo accettare il suo amore non per esserne il partner splendido e magnanimo, ma il beneficiario imbecille, senza fascino, senza fondamentale fedeltà. E in questa avventura della Misericordia ci è chiesto di donare fino all’ultimo quanto possiamo, ci è chiesto di ridere quando questo dono è fallito, sordido, impuro. Ma ci è anche chiesto di meravigliarci con lacrime di riconoscenza e di gioia davanti a questo inesauribile tesoro che dal cuore di Dio scorre verso di noi. A questo crocevia del riso e della gioia si installerà la nostra pace inattaccabile!».

Madeleine invita quindi ad installarsi in questa “pace inattaccabile” perché vede la condizione umana riscattata dalla gratuità e sovrabbondanza dell’amore divino. Per questo si può “credere alla gioia”, cioè rimanere saldi e imperturbabili sia tra le consolazioni come nelle prove, partecipando appassionatamente a ogni sofferenza altrui e vivendo nel più totale abbandono alla volontà di Dio, perché in fondo Dio «cosa vuole? cosa cerca?… essere creduto, essere sperato, essere amato per quello che Egli è… e non sulla base di quello che Egli sembra sotto un inverosimile travestimento di circostanze. Fintantoché non gli si è detto che può continuare se questo lo diverte — ma che questo non attacca… che lo si riconoscerebbe anche travestito in “angelo delle tenebre”, può diventare precisamente infernale!».

E questa gioiosa perseveranza nella fede, nella speranza, nella carità per Madeleine è la cosa più necessaria per la salvezza del mondo, soprattutto negli ambienti atei, senza fede o indifferenti, che ci circondano. Per lei questi ambienti in cui Dio sembra assente e non mancare a nessuno «sono una terra di conversione in cui Dio ha previsto delle prove che, scelte da Lui, riconosciute da noi, faranno della nostra fede, proprio là dove deve lottare, la fede sana e vigorosa che Gesù Cristo ci ha donato» e se «normalmente ci fanno penetrare in un’ansietà e in un certo dolore missionario, ci chiariscono i veri fondamenti della gioia cristiana».

Come non vedere qui una rilettura della “notte dello spirito” in senso epocale. È lei stessa a rinviare all’insegnamento di San Giovanni della Croce in una lettera a un’amica: «San Giovanni della Croce le parlerebbe, poiché egli la vede, dell’immensa e incosciente miseria del mondo oggi. Ciò che Dio sicuramente vuole è una compassione e una speranza proporzionate a una tale miseria, una fede capace di glorificare Dio là dove vuole esserlo. In questo mondo “che cambia” così improvvisamente, così brutalmente, si direbbe che il Signore voglia che la sua redenzione passi attraverso delle vite che si lasciano cambiare a suo piacimento… sconvolgere. Sembra volere della gente che in questa sorta di avventura sa che non manca di niente ed è in pace».

Madeleine Debrel

©Dialoghi Carmelitani, ANNO 18, NUMERO 4, Dicembre 2017

 


Don Luciano Luppi è tra i maggiori esperti italiani ed internazionali di Madeleine Delbrêl. Presbitero della diocesi di Bologna dal 1982, dopo gli studi teologici svolti a Roma, nel 1984 è stato nominato docente di Teologia spirituale presso la Facoltà Teologica. Ha svolto diversi ministeri presso il Seminario Arcivescovile e Regionale, nella formazione dei ministri istituiti, dei diaconi permanenti e per le vocazioni.

Per una prima introduzione: François Gilles – Pitaud Bernard, Madeleine Delbrêl. Biografia di una mistica tra poesia e impegno sociale (EDB, Bologna 2014); Pitaud Bernard, Madeleine Delbrêl. 15 meditazioni (Gribaudi, Milano 2014); Loew Jacques, Dall’ateismo alla mistica. Madeleine Delbrêl (EDB, Bologna 1996); Sicari Antonio Maria, Madeleine Delbrêl (1904–1964) in Il sesto libro dei ritratti di Santi, (Jaca Book, Milano 2000, pp. 127–145).