(Lella Tomasini)

22 giugno 2022, nell’Aula Paolo VI, alla presenza di Papa Francesco, il Festival delle Famiglie intitolato The beauty of family ha aperto il X Incontro mondiale delle Famiglie. Nel corso dell’incontro hanno portato la propria testimonianza alla presenza del Pontefice cinque famiglie. Storie di quotidiana vita familiare in cui tre parole del Papa – vicinanza, compassione e tenerezza – si svelano in cronache di eroismi, sventure, gioie e tristezze… fino alla santità. Le testimonianze delle cinque famiglie hanno fatto da amplificatori all’esperienza di tante altre famiglie nel mondo, famiglie quotidiane, senza eroi, che vivono le medesime gioie, inquietudini, sofferenze e speranze. E Papa Francesco ha voluto incoraggiare tutti, noi compresi, con queste parole: «A partire dalla vostra situazione reale e da lì provate a camminare insieme: insieme come sposi, insieme nella vostra famiglia, insieme alle altre famiglie, insieme con la Chiesa».

Nessuna analisi psicologica, nessun esperto di dinamiche sociali è stato invitato a vivisezionare i fattori di decadenza della famiglia. Solo una sfilata di testimonianze, documenti originali di vita vissuta, finestre spalancate su una realtà restituita nella sua interezza attraverso racconti, brevi riflessioni e giudizi pieni di misericordia. Unici protagonisti, i veri soggetti della questione: mamme, papà, nonni, bambini e… Papa Francesco.                                                                   

Perfino Amadeus, il conduttore del Festival, si fa accompagnare dalla moglie Giovanna nel suo ruolo di presentatore, mentre i tre tenori de Il Volo arrivano con tanto di genitori. Tutto così poco politically correct

Si capisce lontano un miglio che, nonostante oggi siano tutti consapevoli delle difficoltà che sta attraversando la famiglia, qui ci si crede ancora e si dà coraggiosamente ragione della sua bellezza e della sua irrinunciabilità. Non occorre essere dotati di eroiche virtù, e nemmeno necessariamente bravi cristiani per dare testimonianza dell’amore familiare. 

Tra le storie raccontate c’è quella di due genitori di 4 figli, genitori ma non sposati, che hanno deciso di battezzare i figli «perché noi non bastiamo a noi stessi» ed hanno cominciato a pensare al matrimonio grazie ad una comunità di buoni amici. E poi una storia di tradimenti e violenze perdonati. Oppure la storia di un matrimonio tra un cristiano e una musulmana, nessuno dei quali ha rinunciato alla propria appartenenza religiosa, nella decisione di viverla come un di più di ricchezza e di grazia, per sé e per le figlie. 

Molte altre storie nascoste potrebbero affiancarsi a quelle dei testimoni del The beauty of family, comprese, credo, anche le nostre, ognuna a suo modo. 

Ma se potessi aggiungere un altro tassello al mosaico delle cinque storie testimoniate al Festival, racconterei le avventure dei nostri amici di Ciocanari e di Sarbova, in Romania. Perché, accanto alle belle o meno–belle famiglie biologiche, esistono altre belle, bellissime famiglie che non vivono di elezioni sentimentali e affinità naturali alla loro radice e per lo più vengono chiamate famiglie affidatarie. Ve n’è di tanti tipi diversi, ma tutte sono l’esito sorprendente di un amore non carnale, ma forte e generativo quanto quello carnale. Più oggettivamente e soggettivamente difficili da costruire, molto più difficili.                                                                                              

Sto pensando alle vicende di amici di vecchia data che hanno animato l’esperienza di Ciocanari, nota ai nostri lettori. Per lo più coppie di sposi che hanno lasciato per mesi o anni la propria famiglia in Italia, per andare a costruire piccoli nidi familiari in tre grandi case sperdute in un villaggio romeno. Molti le hanno conosciute queste coppie, così come molti conoscono Luisa, o Aurelian che ora si trovano lì per governare una grande famiglia, composta da tante famiglie smembrate e costrette a fuggire dall’Ucraina per la guerra. Luisa si è trovata a dover essere improvvisamente una mamma con un cuore grande così per tener dentro decine e decine di volti sconosciuti, di bisogni disparati e di fatiche di ogni genere. Non è sola. Abbiamo letto sulle pagine di questa stessa rivista i diversi reportage che hanno fedelmente tratteggiato le immagini della Ciocanari di ieri e di oggi, in un grande album di famiglia che sentiamo un po’ tutti affettuosamente come nostro.                                

E un altro tassello ancora è quello di Sarbova, a pochi chilometri da Timisoara dove Adriana, molti anni fa, aveva fatto nascere una delle prime Comunità del Mec in Romania. Sarbova si distende in una campagna piana larghissima, dove cielo e terra si toccano senza nessuna interruzione. In un grumo di tre case più o meno ristrutturate, circondato da terre coltivate a fragole, pomodori e asparagi, vive una strana bellissima famiglia. Il capofamiglia è, appunto, Adriana. Ospita attualmente quattro donne speciali, con un trascorso doloroso di infanzie in orfanotrofio, ma determinate dalla volontà di riscattare il duro passato in un presente pieno, contrassegnato dalla dignità e, perché no, da giorni di felicità. Con loro c’è anche Dori, figlio naturale di Roza e nipotino acquisito di tutte le altre: Gabriela, Petronela, Diana, Adriana. Lavorano la terra, gestiscono magistralmente un caseificio, vendono i loro formaggi e le loro marmellate al mercato settimanale, ospitano tanti amici italiani che arrivano da Treviso o da Brescia per dare una mano a compiere i lavori di ristrutturazione, per organizzare le famose tabare per bambini e giovani romeni, o semplicemente per consentire vacanze dell’anima e imparare e respirare che cos’è l’essenziale di una famiglia a chi ha ancora voglia di sorprendersi e imparare. 

CURTEA CULORILOR_Adriana e la sua famiglia allargataIo sono stata una di quest’ultima specie. In casa di Adriana e delle ragazze bastano pochi giorni per sentirsi familiari e lì si può imparare molto sull’essere famiglia, anche se si è già sposati, genitori di famiglia numerosa, zii e nonni. Imparare che il volersi bene della famiglia non coincide necessariamente e sempre con emozioni e sentimenti, ma può fiorire in terreni spirituali asciutti tutti da arare e coltivare. Che si può anche litigare sull’onda di forze irrazionali seppellite nei nostri inconsci, senza rompere il legame ben custodito e forgiato dal capofamiglia. Che possiamo sentire nostro un bambino giunto improvvisamente nella nostra casa, capace di risvegliare in chiunque uno stimolo potente alla protezione e all’affetto. Che tutti, con i nostri caratteri e con il nostro impegno possiamo disporre una realtà anche dura e difficile a diventare luogo di vicinanza, compassione e tenerezza. Come il Papa ci ha chiesto.

Il nostro GRAZIE! a:

Beppe Bertazzoli, Franca e Lucio, Lisetta e Paolo, Enzo e Cettina, Luca e Dada, Daniela e Giuseppe, Drina e Adrian, Rodica e Claudio, Madalina e Tom Maria e Andrei, Luisa, Adriana.

 

©Dialoghi Carmelitani, ANNO 23, NUMERO 2, Giugno 2022