Il Teatro Telaio festeggia i suoi primi 40 anni

(di A. Pennacchio e N. Dolfo)

Il 13 gennaio scorso il Sindaco di Brescia Emilio Del Bono ha conferito al nostro amico Angelo Pennacchio, e al Teatro Telaio tutto, il prestigioso Premio Vittoria Alata. Il sindaco ha precisato che non si tratta di un premio dato alla longevità (non è un merito compiere 40 anni) ma a quello che Il Telaio significa e può significare in futuro per la città e per la sua cultura. Pur sapendo di essere dei nani sulle spalle di giganti e che una storia simile si è compiuta e si continua a compiere grazie alla paziente tessitura di mille e mille fili. E le numerose persone presenti in sala erano lì a testimoniare proprio questo. Abbiamo chiesto ad Angelo Pennacchio, fondatore del Teatro Telaio, e a Nino Dolfo, giornalista del Corriere della Sera, di raccontare per sommi capi la lunga e proficua storia del Teatro Telaio.

 

 

L’invito a contribuire a  Dialoghi con il seguente breve scritto è giunto prima dello scoppiare della pandemia, e quindi alcuni passaggi non tengono conto di quest’ultima tragica circostanza: l’unica mia breve osservazione al riguardo concerne alcune (umoristiche? ironiche?) coincidenze dell’esistenza. Un mese dopo il riconoscimento di cui si parla nell’introduzione, anche un’impresa economicamente marginale come quella del Telaio ha visto interrompersi bruscamente questa stagione, interrompere le tournée in Italia e in Europa e cadere alcuni inviti per importanti Festival e Manifestazioni. Interrompere cioè un momento assai positivo. Uno stimolo per un incremento di creatività, come del resto, per ciascuno e per tutti…

Penso che Il Telaio inizi del tutto inconsapevolmente fra giugno e luglio del 1972, dalla mia partecipazione come animatore a due turni della casa vacanze dei Carmelitani Scalzi in Val di Non e, nell’agosto successivo, a una vacanza in Calabria, a Melito di Porto Salvo. Lì si  getta e attecchisce il seme che avrebbe portato, anni dopo, all’inizio della compagnia teatrale del Telaio. Nel frattempo, l’esperienza di amicizia e compagnia con un  gruppo di Padri Carmelitani, tutti miei quasi coetanei, mi conduce a incontrare e apprezzare, con sguardo nuovo, quel teatro che, dopo l’esperienza di un paio di recite scolastiche alle scuole superiori, avevo deciso di cassare dal mio orizzonte culturale.

La nascita

Nel 1978 nasce Il Telaio con i nostri amici, miei e di mia moglie, Emanuela Cucchi, accogliendo una richiesta di ospitalità  (da poco abitiamo in un appartamento ampio e vuoto) che P. Gino Toppan riceve dal Teatro dell’Arca di Forlì, a sua volta all’inizio della propria storia. Da qualche anno seguo con Emanuela l’esperienza ecclesiale di Comunione e Liberazione a Brescia e, personalmente, all’università, partecipo alle lezioni del prof. Emo Marconi e rafforzo la decisione per il teatro che inizia ad affiorare decisamente fra i miei interessi. Una decina di giorni trascorsi con il Teatro dell’Arca determinano la scelta di dedicarci al teatro. 

Nel nostro soggiorno vuoto iniziamo le prove de Il Piccolo Principe, che debutta nel dicembre del 1979, con la denominazione di Compagnia dell’Albatro (Baudelaire ispira). Dopo una settimana estiva trascorsa con due attori del Teatro dell’Arca a fare training quotidiano in val Sabbia, torniamo a casa con il nostro vero nome, individuato in una seduta notturna di brainstorming collettivo. Così ebbe inizio Il Telaio.

Credo di non essere stato posseduto dal “sacro fuoco dell’Arte” teatrale. Piuttosto una inclinazione culturale e uno sguardo esistenziale di dimensione umanista, che si precisa e assume una progressiva forma negli anni successivi. Sul piano strettamente teatrale con incontri ed esperienze con diversi esponenti italiani ed internazionali appartenenti soprattutto al teatro non tradizionale.

L’incrocio dell’esperienza ecclesiale che conduco con il gruppo, la metodologia teatrale di Eugenio Barba (regista teatrale italiano, una delle figure di spicco del teatro contemporaneo) e di altri, le linee storico-politiche espresse dai tempi, ci spingono a rischiare una sovrapposizione fra l’appartenenza ecclesiale che tenta di incarnarsi  nella compagnia e l’attenzione ai movimenti e fenomeni sociali e politici nel loro divenire. Senza dimenticarci di una presenza cristiana nel luogo in cui viviamo. Sono tempi agitati e piuttosto movimentati, quelli degli anni Settanta. Impossibile qui ripercorrerli. Basti solo citare la strage di Piazza Loggia, il ’77, l’assassinio di Moro, la morte di Papa Paolo VI, l’elezione di Giovanni Paolo II. E così nascono domande, accadono incontri, ci si domanda come sia possibile vivere tutto ideologicamente, come sia possibile disprezzare esperienze per il fatto di leggerle come di parte diversa dalla propria, come sia possibile vedere l’arte teatrale come semplice espressione della dimensione politica (l’enfasi sul sociale arriverà molto più tardi, come discorso scontato e uniformato a un comune sentire).

Così, alle prove serali (quasi tutti lavorano) e agli incontri di approfondimento e di studio, culturale e teorico, sul teatro e su autori che scopriamo man mano come interessanti e importanti per noi, si aggiungono molti momenti comuni, oltre che di incontri di catechesi o di esercizi spirituali, anche di tempo libero. In questo itinerario attraversiamo avvenimenti cruciali, che trafiggono a tratti anche il nostro lavoro teatrale: Solidarnosc, la Polonia, l’89, Solženicyn, Sacharov, l’Europa dell’Est e il mondo intero. Ho anche l’occasione di contemplare, a Budapest, il Parlamento ungherese mentre delibera la fine del regime filosovietico. Consideriamo l’importanza di autori come Chesterton, Eliot, Mann, Rilke, Yeats, Claudel, Péguy, Clément, Dostoevskij, Tolkien, Leonardo, Sano di Pietro, Giotto, Masaccio, Piero della Francesca, Michelangelo, Raffaello, C.S. Lewis, Wilder, Part, Beethoven, Mozart, Penderecki…

Il nucleo teatrale fondatore inizia un’indagine sul mito nella cultura contemporanea, interesse che a più riprese affiorerà nell’itinerario della compagnia, mantenendo costantemente una sua vivacità: il primo passo in tal senso, nell’82, è l’allestimento dello spettacolo Kalevala, dedicato alla poesia e all’epica finnica e invitato alla prima edizione della rassegna Dentro e fuori le mura, organizzata dal Centro Teatrale Bresciano nella primavera seguente.

Il Centro Culturale

Nel 1982 aderiamo all’invito dei Padri Carmelitani a fondare un Centro Culturale. Ci costituiamo in Associazione Culturale e Teatrale Teatro Telaio che arriva presto a raccogliere una cinquantina di soci, causando una dilatazione dell’attività in molteplici direzioni. In tre anni molto intensi organizziamo corsi, conferenze, mostre fotografiche, esposizioni di pittura e grafica (ricordo qui almeno la presentazione delle incisioni originali del Miserere di Georges Rouault, e Il drago e l’utopia, mostra di arazzi del fuoriuscito romeno Camillian Demetrescu), oltre che concerti.

Il secondo passo della produzione teatrale dedicata ai temi del mito segna un cambiamento nella direzione di lavoro dell’Associazione: nella primavera ’85, dopo il debutto di Canto di morte di Kyndylan, un’elaborazione originale su documenti poetici ed epici di area celtica irlandese e gallese, la compagnia teatrale decide di condurre un percorso autonomo dal Centro Culturale, che prosegue per qualche tempo la propria attività con la denominazione di Centro Culturale La Via. La separazione tra i due filoni di attività causa un diverso impulso e la compagnia teatrale subisce una trasformazione in senso professionale: nell’87 Il Telaio si costituisce in cooperativa e inaugura le prime iniziative nel campo della programmazione, (che si caratterizzano per il deciso utilizzo di piazze, cortili, parchi, palazzi della città, fatto allora poco consueto), e conduce, a partire dall’inizio degli anni ’90, a occuparsi sempre più decisamente del teatro per ragazzi, scuola e famiglia.

Il teatro per ragazzi

Si apre allora un’attività di interventi laboratoriali nelle scuole, che producono alcuni allestimenti e costituiscono materiale di base per il definirsi di modalità operative che otterranno sempre più favore, giungendo a costituire un tratto caratteristico del Telaio. La scelta contenutistica viene effettuata a partire dalla constatazione che i nostri territori versano in una grave perdita di memoria, in riferimento alla propria storia, causata, anche, dal forte movimento immigratorio che li caratterizza. Alcuni di questi interventi, che indagano sulle origini storiche, religiose, civili ed economiche dei luoghi cui si riferiscono, ottengono esiti didatticamente interessanti e i materiali inerenti vengono pubblicati su riviste specialistiche. 

Vengono svolti inoltre, da allora, parecchi laboratori di aggiornamento degli insegnanti. Il ’91 è un anno cruciale per Il Telaio, per la morte di Emanuela Cucchi. Viene inaugurato, da poco prima, un filone produttivo specificamente rivolto all’infanzia e alla scuola. 

Alcuni progetti nati da allora: nel ’94 L’annuncio fatto a Maria di  Paul Claudel, nel ’95 La signorina Julie di Strindberg, nel 1996 Lijendes (Leggende – la montagna racconta). Il dicembre ’93 vede inoltre l’inaugurazione del Teatro Telaio di Via Calatafimi a Brescia come sala pubblica. Su specifica richiesta dell’Assessorato alla Pubblica  Istruzione del Comune di Brescia, nel ‘96 vede la luce una vera e propria Stagione di teatro ragazzi, che viene intitolata Storie Storie Storie, giunta quest’anno alla ventiquattresima edizione. Nel 2000 si apre una nuova programmazione estiva: un Festival Internazionale di Teatro Ragazzi e Giovani di Sebino e Franciacorta, che assume il titolo de Il Canto delle Cicale. Nel 2001 inizia un ulteriore ciclo produttivo, volto a indagare il rapporto fra teatro e letteratura per l’infanzia, tramite interventi di laboratorio nelle scuole e allestimento di spettacoli tratti da testi per l’infanzia. Alla sezione Teatro e Letteratura si aggiungono spettacoli dedicati all’ambiente, tesi alla valorizzazione di luoghi e siti inconsueti, come Lijendes collocato nei luoghi naturali che hanno originato i suoi contenuti, in Val di Fassa e Leggende d’acqua (2002), su una scelta di storie alpine di ambiente acquatico, e quella dedicata al folklore, come La fretada dei apostoi (2004), sulle tradizioni della cultura contadina ispirate a detti, leggende e storielle raccontate, tra vino e salame, nelle osterie della Valle Camonica, e Santi e Briganti (2005), rielaborazione di alcune storie di santi medievali. 

Da allora molte cose sono cambiate. Il Telaio si è trasformato, grazie all’apporto di molte altre persone che stanno dando una taglio e una direzione diversa al nostro tragitto, attraverso competenze e modalità molto differenti: fra questi Maria Rauzi, divenuta mia moglie nel ’97, nel campo amministrativo e progettuale; Angelo Facchetti, regista e curatore degli interventi in ambiti scolastici e non solo; Gessica Carbone, responsabile della promozione e della vendita. E ancora non è possibile dimenticare gli apporti di Meri Polito e Stefania Landi. Fra attori e tecnici notevole il contributo di Michele Beltrami, Paola Cannizzaro e Mauro Faccioli. Ma le collaborazioni, gli spettacoli, i progetti sono così numerosi da non poterli citare qui tutti. *

 

*Rimandiamo, per chi fosse interessato, al recente testo sui 40 anni del Teatro Telaio, reperibile, quando sarà nuovamente possibile, presso gli uffici della compagnia.

 

©Dialoghi Carmelitani, ANNO 21, NUMERO 2, Ottobre 2020